Un’alternativa alla fecondazione artificiale è la cura della infertilità e della sterilità
All’infertilità e alla sterilità si può rimediare, senza produrre bambini in vitro, l’85% dei quali muore da sé o viene ucciso dalla selezione eugenetica.
Diventare madri e padri per alcuni è impossibile. Per molti, però, è solo difficile. L’incapacità di concepire può avere origini diverse: in una coppia, infatti, può presentarsi l’infertilità, la subfertilità o la sterilità assoluta. Né si può definire, senza adeguate indagini, l’entità del problema. Esistono inoltre tempi da rispettare per capire se una coppia può o meno concepire: dopo 1-2 anni di rapporti non protetti infruttuosi si può iniziare ad indagare (sulla quantificazione esatta del tempo non c’è ancora un accordo unanime tra i medici).
Le cause possono essere diverse. La donna può presentare endometriosi; anomalie di vario tipo al muco cervicale, all’utero, alla pelvi o alle tube di Falloppio; problemi ovulatori oppure ormonali. L’uomo, invece, può presentare diverse anomalie riguardo agli spermatozoi. I dati relativi all’infertilità, forniti dall’istituto Superiore della Sanità, sono questi: infertilità maschile: 29,3%, infertilità femminile; 37,1%, infertilità maschile e femminile: 17,6%; infertilità idiopatica (che ha cause sconosciute): 15,1%; fattore genetico: 0,9%.
Nella scoperta e per la cura dell’infertilità si rivelano utili anche i metodi naturali. La dottoressa Elena Giacchi dell’Università Cattolica, intervistata da Tempi.it, ha spiegato che: «attraverso il metodo sintotermico Roetzer si è scoperto che il 19 per cento delle coppie che lo ha utilizzato soffriva di una patologia. Di quelle che hanno seguito il Camen ad avere una patologia era il 12 per cento delle coppie, mentre con il Billings, che possiede la casistica più grande, si sale al 40».
Se, però, oggi, la risposta che va per la maggiore a questo problema sembra il ricorso a pratiche medico-scientifiche che pongono problemi etici (ad esempio la fecondazione in vitro), esistono altre strade percorribili, che non presentano, invece, risvolti etici negativi. Strade che, nella maggior parte dei casi, risolvono il problema, considerato infatti che i casi di sterilità assoluta non vanno oltre il 10%. La risoluzione, inoltre, è reale: il bambino non è il prodotto finale arrivato utilizzando provette, uteri, ovociti o sperma altrui, ma il frutto dell’unione fra i coniugi, che, finalmente, hanno superato difficoltà e impedimenti.
La stessa Chiesa Cattolica indica queste strade: “Sono certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale, come ad esempio la cura ormonale dell’infertilità di origine gonadica, la cura chirurgica di una endometriosi, la disostruzione delle tube, oppure la restaurazione microchirurgica della pervietà tubarica. Tutte queste tecniche possono essere considerate come autentiche terapie” (Istruzione Dignitas Personae, n.13).
Negli ultimi anni si è diffusa la naprotecnologia, nata negli Stati Uniti e ancora poco praticata nonostante la riduzione dei costi rispetto ad altre vie eticamente scorrette. Questa osserva con attenzione il ciclo femminile per un certo periodo di tempo, usando il metodo Creighton che guarda ai cambiamenti del muco cervicale. Dopo le risposte avute da questa osservazione, si può decidere come intervenire, con cure o interventi chirurgici, nel rispetto del rapporto di coppia.
Oggi, dunque, esistono delle alternative. E poiché, secondo un recente rapporto del Censis, il 45% degli italiani sostiene di essere poco informato sull’infertilità, è decisamente arrivato il momento di informarsi.
Claudia Cirami
Fonte: Notizie ProVita, luglio 2015