Che esista un “problema femminicidio” ormai è dato per assodato e tutti concordano sull’urgente necessità di risolverlo. Tant’è che in merito fioriscono leggi e sanzioni.
Oggi ricorre la Giornata contro la violenza sulle donne e già da qualche giorno i mass media non fanno altro che parlare di quante siano le donne uccise e di quanto, molto spesso, siano cattivi gli uomini.
Chiariamo, a scanso di equivoci: anche l’uccisione di una sola donna è un atto da condannare, ma da qui a propugnare in tutte le salse la storia del “femminicidio” – termine utilizzato per la prima volta in una sentenza del 2009 – di acqua ne corre.
Sì, perché, come scriveva il sociologo Giuliano Guzzo nell’ottobre del 2013 sulle colonne di Notizie ProVita (vedi qui), “il cosiddetto femminicidio, inteso come allarmante crescita degli omicidi ai danni delle donne, è una bufala. Non corrisponde cioè al vero la tesi secondo cui si sia recentemente verificata quella impressionante impennata di violenza mortale contro le donne che i mass media, con poche eccezioni, tendono a far credere”.
I numeri attestano infatti che le donne uccise sono state 192 nel 2003, 179 nel 2013 e 152 nel 2014.
Oltre a questo è pure importante evidenziare, come fa TrueNumbers, che le donne costituiscono – in percentuale – circa il 30% delle vittime. Tutti gli altri, ossia quasi il 70%, sono uomini (tertium non datur: esistono infatti solo uomini e donne, due sessi e non tanti generi...). Sarebbe quindi forse più corretto parlare di “maschicidio”? Chissà, per intanto accontentiamoci di leggere queste brevi affermazioni estrapolate dal Rapporto sulla Criminalità in Italia del Ministero dell’Interno del 2013: «Le donne commettono omicidio soprattutto verso maschi» e tali azioni violente «solitamente avvengono nei confronti del proprio partner, in ambienti quindi familiari».
Per autodifesa? In alcuni casi potrebbe anche essere, ma di certo non in tutti.
Dove sono dunque tutti questi uomini cattivi e queste donne deboli? La realtà parrebbe dire l’esatto contrario... A meno che nei numeri del cosiddetto “femminicidio” non si ricomprendano anche tutte le bambine uccise per aborto selettivo, solo in quanto appartenenti al gentil sesso.
Teresa Moro