08/03/2019

Festa della donna, 8 marzo: ma quale Medioevo ostile alle donne...

Se l’8 marzo si vuole davvero festeggiare la donna, occorre essere onesti e precisare, anzitutto, una cosa: l’8 marzo è una festa che si basa su una clamorosa fake news. Ma sì, proprio così. La giornata tanto cara al femminismo è priva di fondamento storico dal momento che dovrebbe commemorare le 129 lavoratrici morte in un famigerato incendio newyorkese l’8 marzo 1908 che però, attenzione, si verificò non l’8 bensì il 25 marzo, con vittime di entrambi i sessi e, soprattutto, nel 1911, a “Giornata della donna” già bell’istituita. Ma questo è niente.

Sempre in questa giornata, infatti, da una parte si sorvola sul falso storico dell’8 marzo e, dall’altra, si insiste soprattutto su una cosa: la necessità di andare oltre il Medioevo, come se non si trattasse di un’epoca passata e, soprattutto, come se essa fosse stata contrassegnata da un disprezzo nei confronti della donna e dal solo rogo delle streghe. Peccato che l’inquisizione medievale, additata a vergogna della Storia, tutto fu fuorché tale: lo sanno anche i sassi che l’apice delle caccia alle streghe si registrò durante il Rinascimento e comunque nelle regioni germaniche protestanti più che in quelle cattoliche. 

Inoltre il vituperato Medioevo non fu affatto ostile alle donne come provano le esperienze di donne molto potenti allora vissute: i nomi di Matilde di Canossa, Eleonora d’Aquitania, Bianca di Castiglia o Ildegarda di Bingen dicono nulla? Un altro aspetto interessante e poco noto è quello provato dalle ricerche, ironia della sorte, proprio le ricerche di una donna, Régine Pernoud (1909–1998), storica francese nonché grande specialista del Medioevo. Nel suo libro forse più famoso – Pour en finir avec le Moyen Age, tradotto anche in italiano – la storica osserva che, a un esame attento delle fonti medievali, viene fuori una realtà della condizione della donna del tutto sorprendente. Perfino nel diritto di voto.

«Dall’insieme di simili documenti», ebbe a scrivere la Pernoud,«balza fuori un quadro che per noi presenta più d’un tratto sorprendente, dato che, per esempio, vediamo le donne votare alla pari degli uomini nelle assemblee cittadine o in quelle dei comuni rurali […]. Il voto delle donne non è sempre espressamente menzio­nato dappertutto, ma questo è forse dovuto appunto al fatto che nessuno vedeva la necessità di menzionarlo» (Medioevo. Un secolare pregiudizio, Bompiani, 2001).

Senza dimenticare la storiella delle temibili cinture di castità medievali, altra bufala totale. Tanto che perfino al Museo d’arte medievale di Cluny a Parigi, per dire, fino a non moltissimi anni fa se ne poteva ammirare una che si credeva appartenuta alla regina di Francia, Caterina de’ Medici: peccato che fosse una patacca. Prima di dileggiare ulteriormente il Medioevo, insomma, meglio andarci piano.

Viceversa, se davvero si vuole difendere la dignità della donna conviene invece denunciare tutte quelle forme di violenza cui oggi è quotidianamente sottoposta, per di più – beffa suprema – in virtù dell’intoccabile paravento dei diritti. Si pensi all’aborto procurato e all’utero in affitto, alla fecondazione extracorporea e alla mancata tutela della maternità in ambito lavorativo che oggi vi siano delle ricerche che dicono come globalmente meno del 29% delle donne, al lavoro, risulti adeguatamente tutelata in caso di maternità. Questi, insomma, sono i problemi di cui si dovrebbe parlare l’8 marzo, evitando di festeggiare eventi storici mai accaduti e possibilmente lasciando stare il Medioevo o, finalmente, decidendosi una volta per tutte a studiarlo.

Giuliano Guzzo

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