Dall’Inghilterra si è appena concluso un caso giudiziario che dovrebbe farci riflettere molto su quello che potrebbe presto succedere anche in Italia, nel caso in cui il ddl Zan venisse approvato.
Tutto è iniziato quando la signora Maya Forstater, consulente fiscale presso la sede londinese del Center for Global Development, è stata licenziata dal suo datore di lavoro per aver twittato che «gli uomini non possono trasformarsi in donne». Reputando ingiusto il trattamento subito, la sig.ra Forstater per chiedere il reintegro del posto di lavoro si appellò all’Equality Act, legge del 2010 che dovrebbe tutelare tutti i sudditi di Sua Maestà dalle discriminazioni.
Il giudice però non le ha dato ragione, affermando che tale opinione è capace di creare «un clima degradante, intimidatorio, ostile, umiliante e offensivo». Inoltre, per soprammercato, il giudice ha aggiunto che vi sarebbero «prove scientifiche significative» in merito al fatto che i sessi sono più di due.
Come fatto notare dalla Nuova Bussola Quotidiana, “la vicenda inglese è istruttiva anche per noi italiani. L’emendamento «salva idee» contenuto nel Ddl Zan è solo uno specchietto per le allodole. Il trucchetto in sede di contenzioso sarà semplice: il criterio della libertà di opinione troverà un limite nel divieto di discriminazione. Il punto di forza del Ddl Zan sta proprio in come è stato concepito il criterio di discriminazione che è necessariamente unilaterale”.
Insomma l’ennesimo caso che fa capire ancora più chiaramente quanto la libertà di espressione e di opinione possa essere compromessa da leggi di questo tipo.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana