La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo quanto afferma un articolo di Breitbart, avrebbe costretto l’Ungheria a registrare un uomo transgender, biologicamente donna, iraniano, che aveva chiesto asilo come rifugiato, secondo la sua identità di genere. L’Ungheria, che cinque anni fa aveva negato tale possibilità, pare debba anche risarcire l’uomo transgender per danni e spese legali con 6.500 euro.
Come spiegava non molto tempo fa La Nuova Bussola Quotidiana in un articolo, la «legge del partito di Orban definisce il genere femminile o maschile come esclusivamente legato al sesso biologico. Il testo dice che "cambiare il proprio sesso biologico è impossibile, i caratteri sessuali e le caratteristiche cromosomiche sono immutabili"».
Si tratta, cioè, di una legge volta proprio a sottolineare l’identità fra sesso e genere, «la verità circa l’identità della persona che non può, secondo il partito di maggioranza, essere oscurata nemmeno se il soggetto la rifiuta».
La questione cruciale è: ciò sarebbe da considerarsi “discriminazione”?
Se un documento serve ad attestare l’identità reale di una persona, come lo si può modificare in base all’identità autopercepita e, quindi, potenzialmente mutevole? Dopotutto, parliamo di identità quando vi è una corrispondenza tra una data realtà e i termini con cui la si definisce.
Registrare, dunque, le persone secondo il loro sesso biologico non è in alcun modo una forma di discriminazione o di mancanza di rispetto nei loro confronti, ma un semplice e innocuo documentare la loro identità.