La diffusione della cannabis sarà sempre più difficile. La svolta arriva dopo il decreto del ministro della Sanità Orazio Schillaci, che restringe la possibilità di acquisto di prodotti a base di cannabidiolo al solo uso terapeutico, quindi, in farmacia e dietro ricetta medica. A riguardo, Pro Vita & Famiglia ha raccolto il commento del neurochirurgo Massimo Gandolfini, presidente del Family Day e consulente del Dipartimento Politiche Antidroga.
Professor Gandolfini, perché il recente decreto del ministro Schillaci riveste una così grande importanza?
«Il cannabidiolo è di sicuro la componente meno pericolosa della marijuana, quindi della cannabis. Dal cannabidiolo, tuttavia, anche con sistemi molto semplici di alcuni petroli e di alcune resine, è possibile aumentare il dosaggio e costruire, in modo particolare, dei cannabinoidi sintetici che producono tutti gli effetti stupefacenti che sono tipici del Thc. Il cannabidiolo, dunque, poteva rappresentare il cavallo di Troia attraverso il quale, sulla carta, sarebbe diventato possibile comprare una sostanza di per sé non particolarmente dannosa o pericolosa, utilizzandola, però, per tirare fuori dei cannabinoidi sintetici. Ho apprezzato senza riserve il decreto del ministro Schillaci, peraltro ne avevamo parlato anche al Dipartimento Politiche Antidroga, auspicando che ci fosse uno stop anche all’utilizzo sottotraccia dello stesso cannabidiolo».
Quali sono i dati empirici a sostegno di questa scelta?
«Il primo dato è rappresentato dall’aumento del consumo di cannabis, soprattutto nella popolazione più giovane, quindi in primo luogo sotto i 18 anni, ma anche nella fascia 18-24. Per la verità c’è un aumento del consumo anche nelle fasce d’età più avanzate ma quelli che stanno particolarmente a cuore a noi sono i minori e i giovani. Vogliamo considerare questo un primo passo per manifestare chiaramente la volontà del governo di non voler aprire in nessun modo neanche un piccolo spiraglio all’idea che si possa utilizzare la cannabis: non parliamo né di legalizzazione, né di un’ulteriore apertura a un utilizzo della sostanza. Una cosa sulla quale stiamo lavorando, anche assieme al ministro Nordio, è quella di trovare il modo per limitare al massimo la diffusione della sostanza; quindi, speriamo di poter far chiudere un gran numero di negozi “cannabis light”».
Sul piano legislativo siamo dunque a un’inversione di tendenza in questo ambito?
«Non c’è dubbio che, a questo punto dell’attuale governo, per mezzo del Dipartimento Politiche Antidroga, si sia arrivati a un’unanimità non solo tra consulenti esperti ma anche tra i ministri e i politici coinvolti. In particolare, c’è notevole unanimità e grandissima collaborazione da parte dei responsabili delle comunità terapeutiche che, giorno dopo giorno, sono testimoni dei disastri che la droga sta facendo. L’inversione di tendenza rispetto ai governi precedenti è totale. L’idea che si possa in qualche misura legalizzare la cannabis o, addirittura (come richiedono Marco Cappato e l’associazione Luca Coscioni), la cocaina, finché c’è questo governo e – mi permetta di dire – finché ci sarò io nel Dipartimento Politiche Antidroga, sicuramente non passerà».
Si potrà mai arrivare a un consenso trasversale su questi principi?
«Il grosso problema è sempre di carattere ideologico. Se ci si limitasse a guardare i numeri, le statistiche e i dati scientifici che riguardano l’uso di queste sostanze stupefacenti, il consenso dovrebbe essere unanime e trasversale, senza eccezioni. Il problema è che c’è di mezzo l’ideologia che cavalca alcuni falsi miti, ormai consunti, il primo dei quali risiede nell’idea che verrà venduta droga non tagliata quindi meno dannosa rispetto ad altri stupefacenti. Altro mito: così si stroncherà il commercio criminale e il mercato nero della cannabis. Terzo mito: essendoci un intervento da parte dello Stato l’uso della droga sarà più regolamentabile. Sono tutti falsi miti, in quanto basta vedere l’esperienza degli Stati che già hanno perseguito politiche di depenalizzazione o liberalizzazione: 1) non è per nulla diminuito, anzi, è aumentato il consumo di sostanze stupefacenti in generale; 2) sono aumentati in maniera vertiginosa gli accessi al pronto soccorso e i ricoveri correlati a droga e stupefacenti; 3) il mercato nero non è minimamente vacillato, anzi, si è adattato alla situazione, per cui è intervenuto il contraltare del mercato del dosaggio a sostanza più pura e a minor costo. Si è creata una sorta di concorrenza tra la droga di Stato e la droga del mercato nero, la quale – ahimè – vince perché non ha regole».