Sta facendo discutere la campagna choc organizzata dalle Associazioni promotrici del Family Day, Pro Vita e Generazione Famiglia, per denunciare la pratica dell’utero in affitto. Nei manifesti, affissi a Roma, Milano e Torino e accompagnati da camion vela, appaiono due giovani ragazzi raffigurati mentre spingono un carrello con dentro un bambino disperato, comprato dalla coppia, individuati come “genitore 1” e “genitore 2”, e a fianco la scritta: “Due uomini non fanno una madre. #StopUteroinAffitto”. A sostegno dell’iniziativa scende ora in campo il medico e leader del Family Day Massimo Gandolfini, presidente del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, intervistato da Pro Vita.
Condivide le modalità e le ragioni dell’iniziativa delle associazioni Pro Vita e Generazione Famiglia?
«È un’iniziativa forte, nel modo giusto, senza nel contempo essere volgare. Una foto fatta molto bene, e ad effetto e di forte impatto visivo, che comunica immediatamente la questione di fondo, ossia che i bambini non si comprano al supermercato. La pratica dell’utero in affitto, che definisco incivile, lede due diritti fondamentali: quello del bambino ad avere la sua mamma e quello della donna ad essere trattata come tale e non come una macchina che si può affittare o noleggiare come si vuole».
Pensa che anche questi manifesti, come altri in passato ugualmente rivolti a difendere la vita umana e i diritti dei bambini con immagini di forte impatto, saranno alla fine rimossi?
«Viviamo in un’epoca in cui ci si riempie tanto la bocca di tolleranza, di visioni multiculturali, di rispetto degli altri, di ponti da costruire e di dialogo con tutti e verso tutti, ma le uniche persone cui non è permesso parlare, cui viene sistematicamente negato il diritto di esprimere la propria opinione e manifestare i propri sentimenti di ordine etico e religioso, sono i cristiani, ed in particolare i cattolici. Appena si sostiene qualcosa che va contro il pensiero unico, ecco che questa opinione viene definita violenta e discriminatoria, con il risultato che ad essere fatti oggetto di violenze siamo noi cattolici nel silenzio più assoluto dei grandi giornali. Non appena viene sfiorato un argomento che ha a che fare con l’orientamento sessuale delle persone, i grandi mezzi di comunicazione si scatenano e fanno a gara a descriverci come omofobi, catto-fascisti e altri termini simili, nonostante il massimo rispetto dimostrato nei confronti delle opinioni degli altri. Mi immagino quindi che la reazione, di fronte a questi manifesti, sarà improntata alla provocazione, con moti di indignazione e accuse di intolleranza e discriminazione. L’arma prediletta sarà ancora una volta quella delle falsità».
Marta Moriconi