Una piazza gremita di gente che, nonostante la pioggia, imperterrita era lì, a Milano, lo scorso sabato 15 maggio, per dire il suo no al nefasto ddl Zan: politici, giuristi, rappresentanti religiosi e della cultura, ma anche tantissimi genitori scesi in campo per difendere i propri figli dall’indottrinamento del gender che questo ddl vorrebbe consacrare come nuova modalità educativa, nelle scuole. E’ di questa maggioranza sana che Massimo Gandolfini, intervenuto durante l’evento, ha voluto parlare anche ai nostri microfoni.
Professore, perché è stato necessario scendere in piazza?
«Innanzitutto per dare una prova visibile che il Paese su questo disegno di legge è veramente diviso. C’è un’ideologia che lo sostiene, ma c’è anche un paese sano che fa funzionare un cervello, che crede nelle tradizioni del nostro popolo e che quindi non vuole far passare una legge liberticida e ideologica come questa e soprattutto vogliamo dimostrare che teniamo, con grande attenzione al benessere morale, spirituale e fisico dei nostri figli, che non vogliamo diventino l’oggetto di un indottrinamento ideologico che è profondamente antiumano».
Una piazza affollatissima, senza però alcun tipo di riferimento politico, religioso ecc. questo vuol dire che è davvero una lotta di tutti…
«È una lotta della società civile, una lotta del popolo italiano che ha sudato, che ha sparso lacrime e sangue per poter arrivare ad essere libero e a manifestare liberamente il proprio pensiero. Ci siamo riuniti sotto lo slogan “Restiamo liberi”, perché ci sono certamente sensibilità diverse, perché vogliamo fare un’azione di pressing, di lobby positiva, sulle forze politiche, perché sostengano i nostri principi. Oggi c’erano dei personaggi politici che ringraziamo. Noi non ci identifichiamo con nessuno, ma chiunque sostiene la vita, la famiglia, la libertà educativa, raccoglie il nostro consenso. E quando sarà il momento, speriamo tra non molto, anche il consenso del nostro voto».