James Wharton è noto nella comunità LGBTQIA(...) perché durante i suoi anni trascorsi nell’esercito britannico ha fatto coming out e ha dichiarato a tutti di essere gay.
Scrisse in proposito un libro, nel 2014, Out in the Army: My life as a gay soldier.
Da poche settimane è stato pubblicato un altro suo libro, “Something for the weekend”, “Qualcosa per il fine settimana”, che – però – con certezza granitica denuncia: la cultura gay è la cultura del Chemsex.
Il Chemsex, per chi non lo sapesse, è il miscuglio di sesso e droga. Non è certo prerogativa esclusiva dei gay, e non è esclusivamente votato al fine di fare orge (come quelle che avvengono nei “centri culturali” gay, denunciati dalle iene qualche mese fa), ma secondo un attivista gay come Wharton – non secondo noi – l’assunzione di droghe come mefedrone, ghb e cristalli di anfetamina, per fare “di tutto e di più, anche se fa male” è oramai un elemento intrinseco a qualsiasi rapporto gay, anche solo tra due persone.
In un’intervista pubblicata da un sito gay friendly – non certo omofobo – Wharton dice «Credo che l’uso di droghe durante il sesso sia una delle cose che oggi più definiscono la comunità gay. Non nascondiamoci dietro a un dito: la droga ha sempre fatto parte del mondo omosessuale. Possiamo anche additare chi fa chemsex e dire ‘è fuori dalla comunità’, ma sarebbe assolutamente falso».
L‘Osservatorio Gender ci spiega che «il racconto di Wharton dei suoi squallidi e sfrenati fine settimana a base di sesso e droga, in giro per appartamenti casuali ed anonimi, alla disperata ricerca d’intimità, hanno suscitato le reazioni della comunità LGBTQIA(...) del Regno Unito (la Gaystapo odia profondamente il “fuoco amico”) ». Ma Warthon ha ribadito con fermezza la verità che ha denunciato.
“Con gli smartphones, puoi fare tutto comodamente del tuo divano: ordinare le droghe e trovare partner sessuali con cui condividerle”.
Redazione
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