Il ddl sulla scuola di Renzi è oggi (9 luglio) in fase di approvazione finale e il riferimento al decreto convertito in legge infarcito dell’ideologia del gender è rimasto al suo posto. (Sarà il caso di smettere di chiamarlo “buona scuola”: e di motivi ce ne sono tanti).
Molti hanno protestato, ma non tutte le proteste sono state uguali.
Alcune sono state ferme e forti, come quelle delle associazioni che con ProVita hanno chiesto formalmente ai deputati vicini alla piazza del 20 giugno di eliminare il riferimento al d.l. 93 (cliccando qui, ad esempio, potete leggerne i dettagli). Forse la “tecnica politica” – e lo sanno quelli che agiscono sul campo – impedisce di farlo, in concreto. Ma noi quello vorremmo e ai nostri rappresentanti in Parlamento ci sembra giusto dirlo chiaro e tondo.
Noi avremmo voluto che una legge (non una mera circolare) chiarisse che l’educazione all’affettività, alla sessualità, a ciò che attiene alla sfera intima della sensibilità dei discenti, sia riservata alla famiglia: la scuola ha il compito di istruire, di insegnare a relazionarsi con gli altri (pari grado o adulti) nel rispetto delle regole dell’istituto e del vivere civile. La scuola può impartire solo un’educazione “di massa” uguale per tutti: per quanto gli insegnanti si diano da fare per personalizzare i percorsi formativi, si trovano sempre ciascuno di fronte a venti o trenta ragazzi: insegnare che il fumo fa male o che non si dicono le parolacce (oltre alla matematica e all’ortografia), va bene per tutti. Spiegare dettagli su atti sessuali di vario genere non è detto che sia “necessario – richiesto – utile – giusto – opportuno” per tutti i componenti della classe, anche se di scuola superiore.
Se una legge di questo tipo, con questo Parlamento, è mera utopia, per lo meno avremmo voluto che negli insegnamenti curricolari non fosse introdotta “l’educazione alla parità di genere” nel senso indicato dalle norme richiamate.
E’ stato introdotto? Non doveva essere votato. E’ stato votato? Doveva essere tolto. Per motivi di “tecnica politica pratica” – che noi che non siamo nell’agone non vagliamo – non si può fare? Va bene. Ditelo chiaro: abbiamo perso. Ma non diteci di accontentarci di questa circolare del Miur.
Quindi non condividiamo le proteste meno ferme e più accomodanti di chi ha accettato come risolutiva, appunto, la circolare: secondo alcuni sistema tutto, e dovrebbe farci dormire sonni tranquilli.
Copiamo il testo di questa famosa circolare perché possiate leggerla, in calce a questo articolo.
E’ lapalissiano che essa non cambia niente, non vieta niente, “ribadisce” e basta.
Dagli anni ’70 i genitori sono entrati a far parte degli organi collegiali della scuola. Man mano che le varie “riforme” (finte, perché nella sostanza è cambiato ben poco) hanno introdotto novità come il POF e il “Patto di corresponsabilità” chi ha voluto ha partecipato, ha fatto riunioni (spesso noiose e inutili), si è letto documenti (spesso fumosi, scritti in “didattichese” incomprensibile), ha votato, ha detto la sua, qualche volta ha litigato, certamente ha perso un sacco di tempo.
Visto, però, lo stato delle cose, visto che l’intervento del Ministro non serve a niente (se non forse a rendere alcuni più consapevoli degli strumenti che ci sono già per esprimere la volontà dei genitori) e che niente vieterà all’Arcigay & compagnia di continuare ad andare a fare scuola ai nostri figli (sempre ben camuffati, naturalmente, da associazioni culturali di alto spessore), all’atto pratico non abbiamo altra scelta che restare vigilanti e con la guardia alta.
Innanzi tutto bisogna:
– leggere sempre bene i documenti fumosi (e non firmare mai niente senza piena consapevolezza, soprattutto le circolari che i ragazzi portano a casa). Leggere le cose pubblicate sul sito della scuola.
– partecipare alle riunioni “inutili”, ascoltare, capire, proporre: FAR METTERE A VERBALE LA PROPRIA OPINIONE.
Queste due cose sono tanto più difficili, quanto più siamo soli. Quindi è indispensabile:
– fare rete: conoscere e coinvolgere gli altri genitori (anche questo non è per niente facile, ma è necessario), capire chi è che la pensa come noi, organizzarsi per condividere e dividere le letture e le riunioni;
– conoscere meglio che si può gli insegnanti: innanzitutto facendoseli “raccontare” quotidianamente dai bambini e dai ragazzi. I docenti non sono tutti, sempre, ideologizzati. E sicuramente sarà il loro buon senso, la loro professionalità e la loro presenza il primo dei filtri che impedirà il passaggio di pratiche e insegnamenti fuorvianti. Anche dei progetti “pericolosi” (come per esempio il famoso “Gioco del Rispetto” di Trieste) nelle mani di un docente saggio e assennato non può far male. I docenti dabbene devono sentirsi supportati dai genitori, in sede di Consiglio di Classe, per esempio.
Qualora si incappasse in qualcuno di quelli ideologizzati, bisogna (meglio in gruppo) fargli sentire che ha gli occhi puntati addosso. Essere più che mai assidui nel chiedere ai bambini di raccontare ciò che ha fatto e ciò che ha detto, e se è il caso protestare col Preside, con il Consiglio d’Istituto, scrivere a ProVita, alle altre associazioni, piantare una grana.
Le proteste, nella Pubblica Amministrazione, ricordate, vanno fatte per iscritto (sempre con raccomandata o PEC): la burocrazia si nutre di carta, ma al contempo la teme: scrivete e chiedete entro un termine ragionevole una risposta scritta da parte del Preside.
Poi c’è la questione del consenso informato. Ovviamente va benissimo la lettera . Come vi abbiamo già detto si può mandare per raccomandata A.R. oppure per Posta Elettronica Certificata: non è tanto difficile ed è più economico. Ma purtroppo, è bene dirlo chiaro:
– IL CONSENSO INFORMATO NON BASTA
Se le “lezioni” dell’Arcigay di turno sono finite nel POF, tra le attività curricolari, il consenso informato la scuola può non chiederlo. E grazie al decreto Renzi (il famoso comma 16 che rimanda all’art. 5, comma 2, del d.l. n. 93/2013 convertito dalla l. n. 119/2013) le lezioni di parità di genere (dove per genere si intende proprio il “gender” svincolato dal dato biologico, come vuole la norma citata, che richiama la convenzione di Istambul) sono ormai curricolari. Per questo la lettera va mandata in via preventiva: per far capire che siete genitori attenti, che ci tengono al diritto d’educare i propri figli e vegliano su di essi, non delegano alle istituzioni o (peggio) alla TV o a Facebook il loro insostituibile ruolo: ascoltare, accompagnare, guidare, dare l’esempio...
... Eh, già. Non c’è lavoro, professione, sport, cimento più impegnativo e difficile che il “mestiere” di genitore. E’ davvero essenziale che fin da piccolissimi i bambini possano contare su papà e mamma che innanzitutto li educheranno con l’esempio, con il loro stile di vita quotidiano, giorno per giorno, minuto per minuto. Il tempo che dedichiamo al lavoro, per forza di cose lo sottraiamo alla famiglia e ai figli. Quel poco che resta è e deve essere per loro. Solo così i bambini già piccolissimi imparano a parlare con i genitori di tutto. Bisogna vivere una profonda alleanza in famiglia. Se in casa circola amore, i bambini e i ragazzi saranno loro i primi a segnalarvi ogni turbamento.
Redazione
Circolare del MIUR Ai Dirigenti scolastici delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado Pervengono a questa Direzione quesiti da parte di numerose istituzioni scolastiche in merito al rapporto con le famiglie in occasione della definizione dei Piani dell’offerta formativa (POF) nonché dell’eventuale introduzione, in corso d’anno, di progetti di istruzione, formazione e orientamento che coinvolgano gli alunni. Si coglie quindi l’occasione per ribadire la corretta prassi che le scuole sono chiamate a seguire fin dall’inizio dell’anno scolastico e per sottolineare il ruolo strategico e la centralità del Piano dell’Offerta Formativa, in cui obbligatoriamente tutte le attività che le istituzioni scolastiche intendano realizzare devono essere specificate. Si rammenta che il POF è il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche che viene elaborato dal collegio dei docenti e approvato dal Consiglio di Istituto. Ai fini della predisposizione del Piano il dirigente scolastico deve promuovere i necessari rapporti con tutti gli stakeholder e tenere conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni dei genitori e, per le scuole secondarie di secondo grado, degli studenti. È utile anche ribadire il corretto utilizzo degli strumenti normativi già esistenti che puntano ad assicurare la massima informazione alle famiglie su tutte le attività previste dal Piano dell’Offerta Formativa. In particolare, si fa riferimento al “Patto di corresponsabilità educativa” istituito dal D.P.R. 235/2007, per le scuole secondarie di primo e secondo grado, finalizzato ad offrire agli insegnanti, ai ragazzi e alle loro famiglie, un’occasione di confronto responsabile, di accordo partecipato, di condivisione di metodologie e obiettivi fondanti la vita comunitaria in ambiente scolastico. Le famiglie hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere prima dell’iscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del Piano dell’Offerta Formativa e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente il Patto educativo di corresponsabilità per condividere in maniera dettagliata diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie. Si ricorda alle scuole, quindi, di assumere le iniziative utili per assicurare da parte delle famiglie una conoscenza effettiva e dettagliata del POF. Va inoltre specificato che i progetti relativi a qualsiasi tematica possono essere realizzati, in orario curricolare, sia nell’ambito del curricolo obbligatorio sia nell’ambito della quota parte facoltativa, ma pur sempre previsti dal Piano dell’Offerta Formativa. La partecipazione a tutte le attività extracurricolari, anch’esse inserite nel P.O.F., è per sua natura facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi se maggiorenni che, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza. Si ricorda, infine, che in questo momento il Parlamento è impegnato nell’esame di un disegno di legge – cd. Buona Scuola – che tuttavia non contiene modifiche, rispetto al quadro normativo in vigore, per quanto riguarda il rapporto tra le famiglie e i POF e in generale le modalità sopra richiamate. IL DIRETTORE GENERALE F. to Giovanna BODA