Sappiamo bene che ormai la scuola italiana è votata all’educazione alla identità di genere e alla lotta all’omofobia: così la propaganda all’ideologia gender è ufficialmente accettata dal MIUR.
Ma magari non tutti i genitori sono d’accordo con “l’educazione di genere”. Magari qualcuno vorrebbe che ai figli piccoli non si prospettasse in modo fantasioso e gratuito la possibilità di scegliere se essere maschio o femmina, di cambiare ruoli e vestiti, di fare le “principesse col pisello” e altre amenità simili.
E capita magari, che quei genitori che osino protestare per lezioni di educazione sessuale esplicite o omosessualiste o transgenderiste, vengano messi alla berlina, emarginati, insultati o peggio.
Se anche questi genitori fossero una minoranza, poiché sono perseguitati, emarginati e stigmatizzati, in nome della tolleranza e dell’inclusività ha fatto bene la Regione Lombardia ad annunciare l’apertura di uno sportello con un numero verde (800 318318) dedicato a loro.
A questo sportello si possono rivolgere detti genitori, quelli che avessero da ridire sui libretti e sui giochi di gruppo che vengono proposti ai ragazzini, quelli che non condividono l’impostazione ideologica delle lezioni che vengono impartite ai figli. E ci si possono rivolgere tutti coloro che vogliono denunciare razzismo, bullismo, droga, vandalismo.
La giunta regionale ha deliberato e verrà lanciato un bando da 30mila euro per affidare la gestione del servizio a un’associazione di esperti: consulenti.
L’assessore alle Culture Cristina Cappellini ha detto a Il Giornale: “Vogliamo fermare il lavaggio di cervello che viene impartito ai bambini, soprattutto ai più piccoli, per introdurre un’ideologia. Si usa la veste buona dei progetti anti discriminazione per fare vero e proprio indottrinamento. Per altro su temi che dovrebbero essere trattati dalla famiglia”.
I genitori sono loro titolari del diritto dovere di educare i propri figli.
L’assessore all’Istruzione Valentina Aprea ha dichiarato: «Più strumenti di denuncia ci sono meglio è . Solo così possiamo arginare la violenza nelle scuole e prevenire casi gravi come quello della ragazza uccisa a Roma».
Redazione
Fonte: Il Giornale
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