21/03/2020

Gender a scuola in Gran Bretagna, un pericoloso lavaggio del cervello

Con la scusa dell’inclusione, sempre più scuole stanno proponendo agli alunni, anche in tenera età, progetti ispirati alle teorie dell’ideologia gender. Esse, diffondendo clamorose menzogne, mirano a screditare verità scientifiche evidenti, come il fatto che si possa essere solo o maschi o femmine, che il sesso sia un dato biologico immutabile o che i bambini abbiano (e abbiano bisogno di) un padre e una madre.

Così, i ragazzi, invece di essere istruiti secondo quanto afferma la scienza, vengono gettati fra i tentacoli di una ideologia falsa e dannosa, mentre tutti coloro che si oppongono a ciò vengono puntualmente tacciati di “discriminazione” – anche se nessuno intende discriminare -, additati come “omofobi” – anche se non viene mai meno il rispetto per alcuno -, e disegnati come “odiatori professionisti", pur di essere messi a tacere.

Un articolo di LifeSite News presenta il caso di due genitori che denunciano come la scuola abbia indottrinato la loro figlia di 13 anni, spingendola a credersi uomo. Uno dei principali pericoli dell’ideologia gender, infatti, è la forte spinta che i suoi sostenitori esercitano su bambini e ragazzi nel far mettere loro in discussione la propria reale identità, insinuando loro il dubbio, ad esempio, di essere nati nel corpo sbagliato.

«Nostra figlia era invitata a sentire di essere un ragazzo nel corpo di una ragazza», afferma la coppia. Inizialmente, la figlia aveva iniziato a frequentare sessioni di incontri con un assistente del docente responsabile del gruppo LGBT della scuola. Da lì, la ragazza iniziò a tagliarsi i capelli molto corti. La Hoe Valley School di Woking, nel Surrey, avrebbe, poi, iniziato a chiamarla con un nome da maschio e l’avrebbe invitata a cambiarsi nello spogliatoio degli uomini.

Ma vi sembra giusto che una ragazza debba spogliarsi davanti a dei maschi, con il benestare della scuola? Qualcuno ci pensa che avrebbe potuto essere vittima di abusi in quel contesto? È mai possibile che i genitori di una ragazza di soli 13 anni non vengano avvisati dalla scuola di tutto ciò? E con quale autorità una scuola si permette di chiamare un’alunna con un nome diverso dal suo, e per giunta maschile, quand’anche fosse stata lei stessa ad averlo chiesto?

Come se non bastasse, alla richiesta di spiegazioni da parte dei genitori, la scuola avrebbe risposto: «È importante che capiate che lei è abbastanza grande per prendere le sue decisioni». A 13 anni… Insomma, dov’è finita la priorità educativa dei genitori? E il diritto dei ragazzi a conoscere la verità sulla propria identità? I giovani meritano di essere aiutati a riscoprire la propria preziosità, non di essere spinti a cambiare, come se fossero un errore.

 

di Luca Scalise

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