La moda dei bagni gender dagli Stati Uniti arriva anche in Italia ed approda in Irpinia.
Come riferisce l’Ansa, a Ospedaletto D’Alpinolo, piccola cittadina in provincia di Avellino, da domenica ci sono tre bagni pubblici nella Piazza del Mercato: uno per gli uomini, uno per le donne e uno... “no gender”.
Il Comune ne ha dato notizia in occasione dell’inaugurazione della nuova Piazza, da poco ristrutturata. «Abbiamo deciso – ha dichiarato il sindaco, Antonio Saggese – di fare un gesto di civiltà, di dare un segnale. I bagni pubblici saranno tre, uno con la scritta “no gender” sulla porta al posto del classico simbolo».
L’utilità di questo presunto gesto di civiltà francamente ci sfugge. Sarà che siamo troppo semplici, ma ci risulta che le persone si dividono in maschi e femmine. I “no gender” non esistono. Gli omosessuali o sono maschi o sono femmine. Lo stesso vale per i trans, perché il DNA non si cambia.
Che poi la suddetta inaugurazione abbia addirittura aperto le celebrazioni del pellegrinaggio della Candelora a Montevergine, dove si trova il celebre santuario mariano, lascia ancora più perplessi. Sì, è vero che la Madonna di Montevergine è tradizionalmente invocata dalla comunità omosessuale, ma è altrettanto evidente che utilizzare il sacro per giustificare un’assurdità tale sembra quanto meno inopportuno.
Come insegna la morale cattolica – che nessuno ha il potere di cambiare – le persone con tendenze omosessuali non sono peccatrici in quanto tali. La tendenza, qualsiasi tendenza, di per sé non è una colpa. Il peccato arriva nel momento in cui si compiono atti disordinati (ogni atto disordinato). Quindi non abbiamo dubbi che la Santa Vergine aiuti chi soffre di inclinazioni omosessuali. Abbiamo molti più dubbi sulla strumentalizzazione ideologica della Madre di Dio per giustificare il bagno “no gender”.
Se dal Comune di Ospedaletto D’Alpinolo fanno sapere che questa sarà l’occasione per sviluppare una riflessione sui temi dei diritti (ma quali diritti?), qualcuno dovrebbe far notare che l’idea di un bagno “a parte” – dove peraltro non si è capito chi dovrebbe entrare – sa molto di ghettizzazione. Una roba da apartheid sudafricano o da Germania hitleriana...
Redazione
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