09/09/2015

Gender e buona scuola: la teoria che c’è

Perché il “genere” nelle normativa del 2013 e nella “buona scuola” si riferisce alla teoria gender.

 Questo è il comma 16 dell’art. 1 della “buona scuola”:

Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all’articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013?.

Questa la Legge 119 del 2013, art. 5 comma 2:

Il Piano [d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere], con l’obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale, persegue le seguenti finalità:

(...)

b) sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere (…)

c) promuovere un’adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e promuovere, nell’ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella programmazione didattica curricolare ed extracurricolare delle scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l’informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo;

 Per capire che il “genere” in questi testi è altra cosa rispetto al “sesso biologico” e che segue la logica della teoria gender (e quindi che anche l’educazione e la formazione cui ci si riferisce implichi “l’approccio di genere”) bisogna riferirsi al contesto normativo e soprattutto:

 1. alla Convenzione di Istanbul, attuata di fatto dal decreto legge 93 del 2013, modificato dalla legge 119.

 2. al “Piano d’azione straordinario” (approvato dai ministeri competenti e dalla Presidenza del Consiglio) che ci dice come il Governo intende la nozione di genere e di educazione contro la discriminazione di genere, in particolare ex art.5 comma 2 della L119 (che si riferisce proprio al “piano d’azione”).

 1.     Convenzione di Istanbul

 Preambolo (...)

Riconoscendo che il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de jure e de facto è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne; (...)

Riconoscendo la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere, (...)

Articolo 3. Definizioni. (...)

(c) con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini

Articolo 4 (...)

L’attuazione delle disposizioni della presente Convenzione da parte delle Parti contraenti, in particolare le misure destinate a tutelare i diritti delle vittime, deve essere garantita senza alcuna discriminazione fondata sul sesso, sul genere, sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla religione, sulle opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, sull’origine nazionale o sociale, sull’appartenenza a una minoranza nazionale, sul censo, sulla nascita, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sull’età, sulle condizioni di salute, sulla disabilità, sullo status matrimoniale, sullo status di migrante o di rifugiato o su qualunque altra condizione.

Articolo 6 (…)

Le Parti si impegnano a inserire una prospettiva di genere nell’applicazione e nella valutazione dell’impatto delle disposizioni della presente Convenzione (…)

Articolo 14 – Educazione

Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie per includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati (…)

2. Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere (approvato a Maggio 2015),

(http://www.federsanita.it/public/VIOLENZA_DONNE.pdf).

(p.4). Conseguentemente alla ratifica della Convenzione di Istanbul il Parlamento italiano ha approvato il 15 ottobre 2013 la Legge n 119 (...)

Ad arricchire ulteriormente lo strumento normativo, l’art. 5 della citata legge, prevede l’adozione di un “Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” (...)

(p. 18-19). 5.2. Educazione.

Recependo l’invito della Convenzione di Istanbul di passare (...) ad una sistemica multi-livello, un ruolo centrale riveste nel Piano nazionale, il tema dell’educazione e della scuola.

Obiettivo prioritario deve essere quello di educare alla parità e al rispetto delle differenze, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini (...) nel rispetto dell’identità di genere, culturale, religiosa, dell’orientamento sessuale (...) mediante l’inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa e didattica. 

Nell’ambito delle “Indicazioni nazionali” per il curricolo della scuola dell’Infanzia (...) Il Governo provvederà dunque ad elaborare un documento di indirizzo che solleciti tutte le istituzioni scolastiche autonome ad una riflessione e ad un approfondimento dei temi legati all’identità di genere e alla prevenzione della discriminazione di genere (...)

Del fatto che il termine “genere” in queste normative fosse problematico in sé, in quanto implica una nuova prospettiva (quella di genere, appunto), era consapevole persino il Governo italiano in sede di firma della Convenzione di Istanbul (http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Testi/es0030inf.htm#no): l’Italia depositò presso il Consiglio d’Europa una nota verbale con la quale dichiarava che “applicherà la Convenzione nel rispetto dei princìpi e delle previsioni costituzionali”. La dichiarazione era motivata dal fatto che la definizione di “genere” contenuta nella Convenzione (l’art. 3, lettera c) era ritenuta “troppo ampia e incerta e [presentava] profili di criticità con l’impianto costituzionale italiano”.

Purtroppo la dichiarazione interpretativa era troppo vaga (“nel rispetto dei principi e delle previsioni costituzionali”) e non ha scongiurato il pericolo, avverato con l’attuazione della convenzione da parte del decreto legge 93 (modificato dalla legge 119) del 2013 e con l’adozione del “piano d’azione straordinario” nel mese di maggio, dell’adozione del termine “genere” invece di “sesso”, e di una interpretazione secondo la prospettiva (teoria) gender.

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