Per essere davvero liberi si deve poter andare contro natura: il “gender” lo decido io, lo cambio quando voglio e l’anagrafe ha il dovere di adeguarsi.
L’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (che non ha niente a che fare con l’Unione Europea), infatti, come avevamo preannunciato, ha approvato la risoluzione sulle “Discriminazioni contro le persone transgender in Europa”.
Il testo invita gli stati membri a creare delle leggi che rispettino il “diritto” all’identità di genere.
Questo sarebbe il diritto a scegliere il proprio genere – a prescindere dal sesso biologico di appartenenza – sulla base della sola autodeterminazione, a prescindere anche da eventuali operazioni di chirurgia plastica.
Tale “diritto”, che spetterebbe anche ai minorenni, comporta la possibilità di modificare il nome e il sesso registrato in tutti i tipi di documenti di identità: la qualcosa getterebbe nel caos le anagrafi e gli uffici delle pubbliche amministrazioni, per non parlare del fatto che avrebbe costi proibitivi.
Su Radiovaticana potete ascoltare il commento di Luca Volontè, già presidente del Partito Popolare Europeo e presidente della Fondazione Novae terrae, e dell’on. Eugenia Roccella, di Area Popolare e Vicepresidente della Commissione Affari Sociali.
Se da un lato ci consola il fatto che la risoluzione del Consiglio d’Europa non ha effetto vincolante sugli Stati membri, dall’altro si conferma la preoccupante tendenza degli enti sovranazionali a veicolare la perniciosa ed irrazionale ideologia gender e più in generale la cultura della morte in seno all’opinione pubblica e agli ordinamenti giuridici dei 44 Stati aderenti all’organizzazione.
Il fatto che tra i suoi scopi ci sia quello di tutelare il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo, non le consente di inventare “nuovi diritti umani”: essi sono immutabili e fissi, scritti nella natura umana.
Redazione