Nei giorni scorsi al Parlamento Europeo una proposta di risoluzione non legislativa ha introdotto, in maniera surrettizia, gli ormai immancabili riferimenti all’«identità di genere» e all’«orientamento sessuale», per arrivare ai «caratteri sessuali», dei quali molti eurodeputati non sono nemmeno di dare una definizione credibile. A raccontare a Pro Vita & Famiglia i risvolti di questa votazione a Strasburgo - e i risvolti che evve in passato, nel 2011, anche la Convenzione di Istanbul - è stato Nicola Procaccini, eurodeputato di Fratelli d’Italia, uno dei 91 che si sono espressi contro la risoluzione.
Onorevole Procaccini, quali sono i reali risultati della votazione?
«Hanno votato contro i gruppi europarlamentari di ID ed ECR ma, nell’ambito di ID, la Lega si è si è curiosamente dissociata votando a favore della mozione comune. Nell’ambito del PPE, che si è schierato a favore della mozione, alcuni deputati di Forza Italia si sono astenuti».
Qual è la posizione di Fratelli d’Italia rispetto alla Convenzione di Istanbul e di questa risoluzione?
«La Convenzione di Istanbul, ovvero la Carta dei Diritti delle Donne, che intende difendere la parità di genere, dalle minacce e dalla violenza domestica, è stata stipulata nel 2011 e recepita da diversi stati membri, tra cui l’Italia, già nel 2013. All’epoca, la nostra leader Giorgia Meloni fece un bellissimo intervento a Montecitorio, in cui giustamente rivendicava questa scelta di civiltà. La scelta di Istanbul per la firma della Convezione non fu casuale: si intendeva fare riferimento soprattutto al mondo islamico, dove le donne sono notoriamente oggetto di una certa discriminazione. Da parte sua, l’Unione Europea, non solo non ha ancora recepito la Convenzione ma ha fatto qualcosa di ancora peggiore, approvando una mozione che introduce elementi per noi inaccettabili».
Cos’è che rende inaccettabile la mozione e chi sono i responsabili delle modifiche al testo originario?
«La mozione è sorta per iniziativa del gruppo europarlamentare di estrema sinistra della GUE, che ha coinvolto altri gruppi arrivando fino al Partito Popolare Europeo. Nella mozione si chiede di ratificare la Convezione di Istanbul, inserendovi, però, una serie di questioni che non c’entrano nulla con la Convenzione. Ne è nato un testo fortemente impregnato di ideologia gender, in cui le donne diventano una sorta di orpello rispetto allo spirito originale del documento. Sono state così inserite delle categorie che ci lasciano sbalorditi. C’è un passaggio in cui si chiede agli stati membri di inserire all’interno dei propri codici penali, i reati di discriminazione e incitamento all’odio in base alla differenza di genere. Fin qui saremmo d’accordo. Si fa poi riferimento all’orientamento sessuale e anche qui concordiamo: è giusto che un gay o una lesbica non vengano in alcun modo perseguitati, insultati, discriminati. Poi si parla di “identità di genere” (maschio o femmina) e di “orientamento sessuale” (c’è chi ama le donne e chi gli uomini). Cosa sono, invece, i “caratteri sessuali”, se non il genere? Il testo è talmente pieno di riferimenti ai principi lgbt che finisce per stravolgere il senso di quella che era stata una delle più grandi conquiste civili della nostra epoca in difesa delle donne. Se davvero riuscissimo a far emergere questa questione, si comprenderebbe come il Parlamento Europeo finisce per discriminare le donne. In questa deriva, si continua a creare nuove categorie e sottocategorie sessuali all’infinito, scadendo nel ridicolo. Ho provato a domandare a qualche collega di sinistra quali sarebbero le differenze tra le definizioni appena elencate e qualcuno mi ha detto che l’“identità di genere” si riferisce, ad esempio, agli uomini che hanno cambiato sesso ma a cui, ciononostante, piacciono ancora le donne, mentre i caratteri sessuali sarebbero riferiti agli ermafroditi… Tutto questo per dire quanto è ridicola questa mozione!».
Per quale motivo, secondo lei, persino alcuni europarlamentari pro life che avevano firmato il manifesto di Pro Vita & Famiglia, hanno votato a favore della mozione?
«Probabilmente perché, a un certo punto, non volevano apparire retrogradi o per soggezione nei confronti di questa ideologia. È una questione di sudditanza psicologica e valoriale. Il punto non è semplicemente aver aggiunto le discriminazioni contro l’orientamento sessuale (che non c’entrano con le discriminazioni contro le donne ma su cui posso essere d’accordo) ma nell’inserimento di una quantità abnorme di categorie e sottocategorie sessuali: tutto questo, nella migliore delle ipotesi è ridicolo, nella peggiore delle ipotesi è pericoloso perché chiaramente stravolge la natura e la natura è un fatto, non può essere una considerazione politica».
di Luca Marcolivio