«Limitare la registrazione dell’identità a etichette di genere naturali e binarie è discriminatorio nei confronti di individui che non rientrano nelle categorie di “maschio” o “femmina”».
Questo è quanto – a detta di un articolo di LifeSiteNews – avrebbe stabilito una sentenza della Corte Costituzionale Federale tedesca.
Primo tra tutti gli Stati Europei, la Germania avrebbe così istituzionalizzato uno dei più ambìti obiettivi dei sostenitori della teoria Gender: l’esistenza di un terzo genere, la cosiddetta “intersessualità”. Ne parlavamo già qui, chiedendoci quando decideranno – per legge – che gli asini volano.
Abbiamo già parlato anche del caso di Vanja, da cui ha avuto origine la sentenza, che, in virtù della propria anomalia genetica (quindi di una patologia, non di una valida dimostrazione della teoria Gender) rivendicava il riconoscimento della sua “intersessualità”.
Nel 2013 la richiesta è stata respinta dalle corti inferiori che avevano stabilito che, in casi come il suo – la Sindrome di Turner – o in presenza di altre anomalie genetiche (da sempre casi rarissimi), si potesse scegliere di non essere registrati né come maschi né come femmine.
E già questa decisione non era conforme alla realtà, dal momento che coloro che possiedono anomalie genetiche hanno comunque un elemento inequivocabile: il cromosoma Y in presenza del quale si è maschi ed in assenza del quale si è femmine.
Ora l’autorità giudiziaria della Corte Suprema ha imposto il riconoscimento legale di un “terzo genere” sin dalla nascita, di fatto si tratta di una normalizzazione burocratica di quella “I” finale dell’acronimo gender LGBTQI: “Intersexual”.
Già Australia, India, Nuova Zelanda e Nepal riconoscono ormai da tempo l’intersessualità, negando così la naturale dualità dei generi. Ad essi si aggiunge ora la Germania nel prolungare la catena di montaggio costruita dai sostenitori della teoria Gender per diffondere sempre più i mostruosi tentacoli di questa assurda ideologia.
Luca Scalise
per un’informazione veritiera sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’ aborto