L’ideologia del gender, in quanto massima negazione dell’evidenza, necessita per la sua diffusione della costruzione sistematica proprio di un consenso diffuso. Sistematica e molto ben studiata, s’intende.
L’ingegneria sociale che viscidamente vuole cambiare il mondo, operando nascosta dietro le quinte del teatro collettivo, non solo viene sempre più imposta dall’alto ma si alimenta anche di luoghi comuni, fallacie, contraddizioni, che oggi vengono diffuse dal basso con impressionante costanza. E il gioco è facile, in quanto i cittadini non sono pronti a rielaborare culturalmente la menzogna che viene loro propinata dall’incessante martellamento dei mezzi di comunicazione di massa.
In effetti, siamo chiusi in una tipica morsa a tenaglia. La decostruzione sistematica di un sano e corretto rapporto con l’evidenza naturale deve passare non solo attraverso la negazione dei principi originari che sono alla base dell’antropologia, ma anche attraverso l’imposizione di un pensiero totalizzante che stravolge regole, significati, tradizioni e senso comune, distorcendo la realtà.
In pochi anni, si è arrivati a mettere in discussione che maschile e femminile siano realmente distinti e differenti, oltre che complementari e funzionali alla generazione. Attraverso lo slogan della lotta agli stereotipi e alle discriminazioni, è stato capovolto il concetto di matrimonio e di adozione, tanto che oggi in alcuni paesi è concretamente possibile sposarsi con persone dello stesso sesso, mentre l’adozione è diventata lo strumento per dare bambini a chi li chiede e non invece – com’è sempre stato, e come dovrebbe essere – il mezzo per dare un padre e una madre al bambino che li ha perduti.
Siamo di fronte ad un rivoluzione antropologica di una portata inimmaginabile ed i governi occidentali la stanno portando avanti con un atteggiamento dittatoriale che fa venire i brividi. Si pensi solo ai casi francesi, ma anche tedeschi, dove cittadini e genitori sono sbattuti in prigione a causa del loro dissenso.
Tutto questo mentre noi tutti siamo come distratti, colpiti da un’inspiegabile amnesia che ci porta a fare dell’altro, a guardare sempre altrove.
Basandosi su slogan e frasi fatte, un po’ alla volta, si è arrivati a sostenere che ci sono “famiglie” con “due papà”, con “due mamme”, che la scienza “dimostra” come i bambini non abbiano affatto bisogno di una madre per crescere, e così via. L’impossibile, grazie ad un uso decostruzionista del linguaggio, è diventato non solo possibile, ma anche reale.
E la cosa inquietante è che non si tratta più della follia di qualche pensatore originale, come poteva essere fino a qualche anno fa. Ormai si tratta di una concezione socialmente condivisa, che diventa ogni giorno sempre più solida e diffusa.
Occorre reagire fermamente, immediatamente e punto per punto al veleno che questi luoghi comuni diffondono, prima che sia troppo tardi.
Prendiamo in esame un paio di esempi tipici:
a) “Gli omosessuali sono vittime di discriminazione. Essi devono avere, come gli eterosessuali, il diritto di sposarsi e di avere dei bambini”.
b) “I bambini non hanno diritto ad avere un padre ed una madre ma qualcuno che li ami e li allevi nel migliore dei modi”.
Che cosa si nasconde dietro queste due affermazioni, insensate e durissime allo stesso tempo?
Prima di tutto abbiamo la solita confusione linguistica, e quindi concettuale. Si uniscono qui in modo incongruo il (presunto) “diritto al bambino” col “diritto del bambino”, capovolgendoli, in modo tale che alla fine del processo risulta che l’adulto ha diritto al bambino mentre il bambino non ha diritto al genitore. Logico?
Domani continueremo a ragionare su queste affermazioni: è proprio con la ragione e la logica che si può vincere la battaglia.
Alessandro Benigni