04/06/2017

Gender – Negare la diversità è discriminazione (3)

Un contributo a Notizie ProVita da parte del professor Tonino Cantelmi, a proposito di gender e discriminazioni ingiuste : terza parte. Qui la prima e la seconda.

“Quello che sosteniamo è che le società abbiano la possibilità di minimizzare, anziché massimizzare, le differenze tra i due sessi, attraverso le loro pratiche di socializzazione” affermano due studiose americane Maccoby e Jacklin in un importante studio. Un canale nel quale è possibile applicare questa intenzione di minimizzare il più possibile la differenza tra i due sessi è sicuramente l’educazione, ed è mia opinione che sia stato fatto in modo sbagliato: da premesse giuste e intenti condivisibili, si sia arrivati a conseguenze sommarie e in alcuni casi fuorvianti, arrivando ad ignorare la realtà manifesta. In questa opera di progresso civile e culturale che si proponeva di riconoscere alla donna pari dignità, si è arrivati a non considerare più le caratteristiche della mascolinità e della femminilità, così come ci sono date dalla stessa natura, anche in termini di risorse specifiche e peculiarità.gender Al punto che alcuni contributi sul maschile e sul femminile arrivano a sfiorare il ridicolo quando si afferma, come fa la professoressa Anna Fausto-Sterling della Brown University, che la divisione della razza umana in due sessi, femminile e maschile, è una artificiosa costruzione della nostra cultura. “La natura ci offre più di due sessi e la nostra corrente nozione di mascolinità e femminilità è culturalmente derivata”, e anche “la decisione di etichettare i bambini come ragazze o ragazzi è una decisione della società. Non c’è un o/o, piuttosto ombre e sfumature di differenze”. Si tratta di eccessi manifestamente risibili, che negano persino la realtà dei fatti. Alcuni si spingono a dire che i bambini non vanno più considerati come maschi o femmine ma in modo neutrale, in modo da non influenzarli e non “inclulcargli” degli stereotipi sessuali inutili, antiquati. E questo è il caso di “Egalia”. Siamo a Stoccolma, Svezia. Qui dal 1998 il Governo ha varato una legge per consentire alle scuole di garantire pari opportunità tra maschi e femmine. E così nasce un asilo nido, Egalia, specializzato sulla neutralità di genere. Niente più «bambini» e «bambine», ma soltanto «amici». Niente più fiabe classiche dove i maschi stanno da una parte e le femmine dall’altra – al bando l’affettata Biancaneve e l’ammiccante Cenerentola, così come i nerboruti sette nani e il virile Principe Azzurro. Al loro posto la storia di due giraffi maschi che sono ansiosi di adottare un figlio e ripiegano su un uovo di coccodrillo, con tanto di scontato lieto fine. In questo asilo il reparto mattoncini da costruzione sta accanto alla cucina giocattolo, per invitare i piccoli a un fertile e continuo scambio di ruoli. Secondo gli educatori l’esperimento servirà a rendere i bambini più tolleranti. Niente barriere mentali. Tutto è fatto, pensato e detto per eliminare le differenze fra i sessi e contemplare, per contro, tutta la gamma possibile di appartenenze e ibridazioni. Secondo alcuni, Egalia dà ai bimbi la fantastica opportunità di essere quello che vogliono. L’obiettivo è quello di affrancare i bambini dalle discriminazioni di genere perché le differenze di genere sarebbero alla base dell’ineguaglianza.

Eppure ancora una volta, credo che la furia egualitarista abbia abbattuto talmente tanti muri di discriminazione e di presunta discriminazione da lasciare l’uomo “sbaraccato”, senza muri portanti e senza casa. Seppur si può condividere l’intento di aiutare i ragazzi a non essere discriminanti verso le altre persone e ad essere più accoglienti e sensibili, decisamente è sbagliato il metodo con il quale si cerca di arrivare a tale fine. Per educare al rispetto del genere di appartenenza degli altri, non si può non considerare e calpestare il sesso di appartenenza dei bambini.

(Continua)

Tonino Cantelmi

Fonte: Notizie ProVita,   febbraio 2015


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