Pro Vita e pochi altri “pazzi” hanno cominciato a denunciare i pericoli dell’ideologia del gender e della sua diffusione soprattutto nelle scuole, da un paio d’anni.
Adesso se ne comincia a discutere in modo chiaro e forte: ha preso posizione anche la Chiesa.
I giornali nazionali danno rilevo alle proteste dei genitori: dopo Trieste, ora anche a Milano, la consigliera Bocci del Pd propone a Palazzo Marino di scardinare gli stereotipi di genere col «gioco del rispetto» (ma in realtà il gioco, «una sperimentazione per superare gli stereotipi di genere», era stato presentato alla città il 26 febbraio al Muba, il Museo dei Bambini, con tanto di logo del Comune).
A Torino da anni il Comune offre un “Servizio LGBT”, a spese dei contribuenti torinesi, ovviamente, che offre materiale bibliografico e multimediale atto alla “educazione” dei giovani.
A Lerici, la Gazzetta della Spezia ci informa delle proteste per “Federico e Federica”, edito da Giunti Kids, scritto da Irene Biemmi e illustrato da Silvia Baroncelli, che “rende possibile il confronto e la discussione tra bambine e bambini su preferenze, gusti, “inclinazioni” che diamo troppo spesso per scontati” e quindi femmine e maschi si diventa per educazione e non per natura. La lettura è adatta a “fornire strumenti utili a decostruire gli stereotipi di genere”.
Testate politicamente corrette, di un livello intellettuale talmente elevato che “noi umani, poveri, piccoli e neri” non saremo mai in grado di comprendere, come l’Internazionale –tanto per fare un esempio – ce ne dicono di cotte e di crude, e ci danno le solite etichette di visionari, omofobi, ignoranti, bigotti ecc. ecc.
Ma tante voci di solito ben accreditate in certi ambienti d’élite, anche di sinistra, cominciano a farsi sentire in difesa della ragione e della natura umana.
Per esempio la Susanna Tamaro scrive: “Abbiamo davvero bisogno di un programma che insegni ai bimbi le gioie del travestimento e alle bambine che possano aspirare ai mestieri da uomini, in tempi in cui Samantha Cristoforetti ci parla dallo spazio?». E poi: «Viene il sospetto che tutto questo febbrile desiderio di spingere i nostri ragazzi a conoscere la nomenclatura delle parti intime, il loro uso, declinato in infinite e variegate possibilità, sia in realtà collegato all’inarrestabile declino di quella che una volta veniva chiamata educazione. Non essendoci più l’educazione, non ci rimane che quella sessuale».
Anche nei Comuni minori, le cose si stanno muovendo.
A Lamezia Terme,”L’ordine del giorno “Infanzia, Famiglia, Educazione e Libertà di espressione”, indirizzato al Consiglio Comunale dal consigliere Teresa Benincasa (Gruppo Misto), “vuole rappresentare uno spunto di riflessione per il futuro, prendendo atto dei cambiamenti che si registrano su tematiche complesse che rotolano sulla nostra testa con la rassicurante etichetta di “diritti civili” ma che rischiano di farci perdere di vista questioni che vanno ben oltre” ... “per approcciare in modo “critico” i nuovi programmi di educazione sessuale gender e invitare l’organo di competenza ad adottare strumenti che possano prevenire ed evitare che certe forme di diseducazione/disorientamento sessuale nelle scuole possano prendere piede anche nella nostra realtà”.
Insomma, qualcosa – finalmente – si muove: prima si è svegliata la coscienza sociale dei genitori, della gente, delle associazioni come Pro Vita. Ora finalmente riusciamo a farci sentire.
Redazione