Con il ddl Zan-Scalfarotto nuova propaganda gender nelle scuole? Ben lungi dall’essere pretestuoso, un simile dilemma merita di essere considerato con prioritaria attenzione. Sì, perché nonostante le criticità della legge contro l’omotransfobia ora all’esame del Parlamento siano seri e numerosi – a partire da quel termine, omotransfobia, dai contorni concettuali pericolosamente indefiniti -, un esame anche rapido del suo articolato alimenta il sospetto che, con questa norma, si vogliano allungare le mani sul mondo della scuola, dove peraltro l’ideologia gender, sia pure a macchia di leopardo, in questi anni è già penetrata.
Nello specifico, a preoccupare è l’articolo 6 del ddl, laddove viene esplicitamente richiamata «una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere». Ora, detta «strategia nazionale» in che cosa consisterà di preciso? E, soprattutto: riguarderà forse anche l’ambito scolastico? Quest’ultimo, davvero poco rassicurante presagio trova una indiretta conferma nell’articolo precedente, il 5.
In esso, infatti, non soltanto si legge che la «la Repubblica italiana riconosce il giorno 17 maggio quale “Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”» (comma 1), ma viene apertamente specificato che, in occasione di tale ricorrenza, vengono «organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile […] in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado» (comma 3). Già un richiamo al comparto dell’istruzione sarebbe bastato e avanzato ad alimentare preoccupazioni, ma quell’«in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado» non lascia il minimo spazio ad equivoci: la Giornata nazionale contro l’omofobia sarà incardinata nella vita scolastica come appuntamento irrinunciabile, da celebrare.
E se sarà la Giornata nazionale contro l’omofobia sarà oggetto di approfondimento «in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado», si può forse pensare che le scuole verranno tenute al di fuori dalla «strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere»? Ma certo che no: non lo sarà affatto. Ecco che allora, in aggiunta alle già note insidie che contiene, il ddl Zan-Scalfarotto si conferma essere un formidabile cavallo di Troia per ufficializzare l’indottrinamento genderista nelle scuole.
Un indottrinamento, sia ben chiaro, che va rigettato a priori ma che diventa doppiamente grave nella misura in cui viene indirizzato nei confronti dei minori, dei quali vengono così calpestati ben due fondamentali diritti: quello di essere tenuti estranei – vista la loro età – da tematiche a sfondo sessuale, e quello di essere prioritariamente educati dalla famiglia, cioè dai loro padri e dalle loro madri. Ma in fondo è proprio questo quello che, da anni, certo mondo Lgbt persegue: la messa al bando della famiglia sotto il profilo educativo.
Del resto, è storicamente assodato come i regimi – tutti i regimi – abbiano nella famiglia un soggetto ostile in quanto l’istituzione familiare, con il suo stesso esistere, preserva i giovani da qualsivoglia forma di propaganda, tenendoli al riparo, sotto la protezione genitoriale. Questo i tifosi del ddl Zan, evidentemente, lo hanno bene in mente ed è anche per tale ragione, c’è da scommettere, che sostengono una norma che, una volta in vigore, in quattro e quattr’otto andrebbe ad arcobalenizzare la scuola. Con tanti saluti alla libertà di educazione.