Abbiamo appreso da Il Sussidiario che un’azienda di giocattoli spagnola, la Toy Planet, si è distinta (di certo non in positivo) per aver dato alle stampe un catalogo di giocattoli gender neutral.
Per evitare di cadere nell’errore di vedere la concretizzazione della teoria gender anche dove non c’è, siamo andati a spulciare sul sito dell’azienda in questione e abbiamo scaricato il catalogo incriminato.
Sfogliando le numerose pagine ci siamo imbattuti nei classici giocattoli per bambini: è sempre interessante vedere come certi passatempi eludano qualsiasi confine geografico e resistano alla prova del tempo. Si pensi ai peluches, piuttosto che alle costruzioni, alle bambole, o ai giochi in scatola come “Monopoli” e “Uno”...
Accanto a questo, tuttavia, in diverse pagine del catalogo della Toy Planet ci si imbatte in bambini (maschi) che pettinano bamboline, costruiscono collanine con brillantini, stirano o giocano con una casetta tutta rosa; e, di contro, in bambine (femmine) che giocano con macchinine o camion, che utilizzano il Meccano o che lavorano con gli attrezzi di lavoro della nota marca “Bosch”.
A scanso di equivoci chiariamo subito che se un bambino o una bambina si divertono con giocattoli solitamente attribuiti al sesso opposto non vi sono particolari problemi. A patto che questo atteggiamento non diventi una prassi e che non assuma connotati esclusivi.
A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che non esistono “giochi da maschio” e “giochi da femmina”, ma che una siffatta distinzione sarebbe frutto dell’impostazione socio-culturale in cui siamo immersi. Ebbene: non è così! O, meglio: il fatto che ai maschi vengano attribuiti determinati giocattoli e alle bambine altri poggia le proprie basi sul fatto che i due sessi hanno predisposizioni e attitudini differenti, che li portano a prediligere alcuni giochi piuttosto che altri.
Le bambine tendono a preferire i giochi calmi e dove la componente di cura e di servizio ha un ruolo preminente. I bambini, invece, sono maggiormente attratti dai giochi di movimento (o dai giocattoli che si muovono) e dalle attività in cui possono costruire qualcosa o mettere alla prova le proprie abilità.
Non si può dire che i giocattoli siano frutto di stereotipi. Semplicemente rispecchiano la nostra natura sessuata.
Ecco quindi che un catalogo come quello di Toy Planet – accolto con sonori applausi dai media spagnoli – lascia quantomeno perplessi. Che senso ha proporre giocattoli che non rispecchiano le attitudini dei bambini che li utilizzano? L’intento è forse quello di creare una generazione gender neutral? O, forse sarebbe meglio dire, di crescere una generazione che è costretta a negare le normali inclinazioni legate all’appartenenza all’uno o all’altro sesso? Eppure “educare” vorrebbe dire “tirar fuori”, ossia dare la possibilità di realizzare in pienezza la propria persona (composta di anima e di corpo, per sua natura sessuato).
La teoria gender passa anche da qui. Anzi, trova nei bambini il terreno più fertile – perché indifeso – su cui attecchire.
Redazione
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