«No al gender!»: il grido si è levato chiaro e forte sabato 24 marzo a Zagabria.
Migliaia di persone hanno infatti sfilato lungo le vie della città per protestare contro la ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, che risale al 2011 ed è già stata adottata da una trentina di Paesi. Secondo i manifestanti, il testo mina la famiglia naturale e introduce l’ideologia gender.
Tra i personaggi in corteo, scrive Il Piccolo, figuravano «Željka Markić, leader del movimento “Nel nome della famiglia” e promotrice del referendum che nel 2013 ha emendato la costituzione vietando i matrimoni gay», e Vice John Batarelo dell’associazione “Vigilare”, in prima linea nella lotta per la difesa della vita.
La manifestazione, sostenuta anche dal mondo ecclesiastico locale, ha come preoccupazione di fondo il fatto che la Convenzione possa fungere da “cavallo di Troia” per poi portare in Croazia il matrimonio gay e per dare maggiore peso alle istanze portate avanti dal mondo Lgbt: due cose che si presentano in contrapposizione con il sentire della popolazione, ben ancorato alla legge naturale.
Inoltre, la Convenzione riporta anche in evidenza il tema del cosiddetto “femminicidio” (che, in Italia, si è rivelata essere una bufala mediatica), che da un lato pone una netta differenza sul valore delle singole vite (attribuendo a quella femminile una rilevanza che quella maschile non ha) e dall’altra alimenta la tensione tra i due sessi e l’idea che gli uomini siano la parte “cattiva” del mondo.
La popolazione croata, insomma, non vuole né il gender, né l’omosessualismo ma ci tiene a ribadire il valore e la ricchezza di essere uomini e donne, uguali in dignità pur nella diversità.
Redazione
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