L’ennesimo cortocircuito transgender-femministe arriva dalla Germania. La questione è molto seria, in quanto chiama in causa un deputato del Bundestag. Il suo nome anagrafico è Markus Ganserer ed è stato eletto per la prima volta lo scorso 27 settembre nelle file dei Verdi (tornati recentemente al governo con la coalizione giallo-rosso-verde guidata dal nuovo cancelliere Olaf Scholz), con il nome di Tessa Ganserer. Il parlamentare, prima della sua “nuova vita”, è stato sposato ed ha avuto due figli.
Sul personaggio, è in corso da mesi un dibattito ai limiti del surreale, che vede contrapposti da un lato i movimenti lgbt, dall’altro le femministe “vecchio stampo”, né più né meno come è successo nel Regno Unito, con il caso della scrittrice J.K. Rowling. Il ferreo senso della logica, tipicamente teutonico, si è andato a scontrare con una serie di incongruenze. Da un lato il regolamento interno dei Verdi tedeschi prevede che nelle “quote rosa” sia inclusa qualunque donna «se si definisce tale». Le femministe del collettivo “Il sesso conta” sta contestando aspramente la legittimità della stessa elezione di Ganserer, contro il quale hanno presentato ricorso alla commissione del Bundestag preposta ad esaminare la liceità dei diritti dei parlamentari. «Fisicamente e giuridicamente Markus/Tessa Ganserer è un uomo e occupa un posto in quota femminile», si legge in un editoriale della storica rivista femminista tedesca Emma.
Inoltre, puntualizza l’articolo, «Ganserer non si è sottoposto né a un’operazione per cambiare il sesso né ha mai chiesto un cambio del nome alle autorità». Secondo Emma, «i Verdi perseguono la strategia di introdurre di fatto l’autodeterminazione sebbene non esista alcun fondamento giuridico, in questo modo le quote rosa risultano falsate in tutte le statistiche». Replicando alle critiche, Ganserer lamenta di sentirsi discriminato come donna e come transgender e sostiene che «un pene non è di per sé un organo sessuale maschile».
Sullo sfondo del dibattito, prende forma una nuova fase della rivoluzione antropologica in Germania. Se durante i sedici anni di governo di Angela Merkel, la permanenza ininterrotta dei cristiano-democratici nella maggioranza aveva funzionato da “detonatore” alle iniziative arcobaleno (non impedendo, comunque, il varo di leggi come quella che ha introdotto il “terzo sesso”), adesso il ritorno dei Verdi nell’esecutivo sta comportando un significativo cambio di rotta.
In primo luogo, la nuova maggioranza giallo-rosso-verde sta varando una riforma in senso permissivo dell’attuale legge sul cambio di sesso (risalente al 1980), che mira a snellire le perizie mediche e le relative pratiche burocratiche a favore di una nuova «legge di autodeterminazione» che, nella sostanza, andrà a sdoganare l’identità di genere, stravolgendo notevolmente il concetto di famiglia naturale.
In questa apoteosi lgbt, si stanno spalancano le porte all’utero in affitto, sgraditissimo non solo all’attuale opposizione cristiano-democratica ma anche alle menzionate femministe di Emma, che contestano la riduzione del «bambino a merce e della madre a macchina riproduttiva». Di tutt’altro avviso Socialdemocratici, Verdi e Liberali che, nel contratto di governo, prevedono un’«altruistica maternità surrogata» che, a loro dire, andrebbe a neutralizzare la piaga del turismo riproduttivo negli Stati Uniti, in Ucraina o nei paesi asiatici.
Altro disegno di legge “di rottura” è quello che faciliterà il cambio di sesso per i minori dai 14 anni: nel caso in cui un adolescente volesse sottoporsi a transizione di genere, trovando l’opposizione dei genitori, sarebbe il tribunale a decidere per lui. Un ulteriore colpo fatale alla stabilità e all’unità di molte famiglie, oltre che, naturalmente, ai fondamenti antropologici della civiltà occidentale.