Si celebra oggi la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Non solo oggi ma da giorni, soprattutto lo scorso fine settimana, si sono celebrati eventi e manifestazioni per ricordare questa giornata.
Ma forse non sempre vengono ricordate tutte, ma proprio tutte, le violenze che le donne, oggi, sono costrette a subire, in ogni parte del mondo. Ovviamente in Italia si sottolinea spesso la piaga del cosiddetto femminicidio e delle violenze, anche sessuali o domestiche, che molte donne subiscono.
Meno spesso, invece, si evidenzia come la società attuale, sempre meno a misura d’uomo (e di donna) e sempre meno attentai ai bisogni dei più deboli e dei più piccoli, sia la prima causa di violenza e discriminazione contro le donne. Governi, amministratori e società civile, infatti, hanno ormai messo in secondo piano le politiche familiari, che non consentono quindi ad una donna di poter decidere liberamente se lavorare (e per questo però non esser discriminata in caso di gravidanza e maternità) oppure decidere di non lavorare per occuparsi della prole (e per questo però non venire essere discriminata con la mancanza di politiche di assistenza economica).
Si arriva poi alle note dolenti di vera e propria mercificazione della donna e del suo corpo. Prostituzione, aborto e utero in affitto. Voler legalizzare e quindi rendere socialmente accettabile la prostituzione, infatti, significa soltanto voler legalizzare una delle più grandi violenze contro le donne, così come accade con l’utero in affitto, l’altra grande piaga che rende il corpo femminile un oggetto e sfrutta le condizioni di povertà e miseria di moltissime donne, soprattutto nei paesi non ancora pienamente sviluppati o del Terzo Mondo.
Infine l’aborto. Quella pratica che lede i diritti sia delle donne (in dolce attesa), sia dei bambini che stanno per nascere (più volte è stato ribadito come la prima causa di femminicidio al mondo sia proprio l’aborto). Non solo, quindi, il vero e proprio omicidio del piccolo nel grembo materno, ma si tratta anche della negazione assoluta di offrire una “possibilità altra” alla donna. La non applicazione della prima parte delle legge 194 in Italia, infatti, così come le politiche abortiste che si sono sviluppate in molte parti del mondo, non danno alla donna che un’unica possibilità: quella drammatica di abortire.
di Jacopo Coghe