In occasione della 45° Giornata Nazionale per la Vita – che si celebra domani, 5 febbraio - abbiamo raggiunto telefonicamente Monsignor Francesco Cavina, vescovo emerito della Diocesi di Carpi. Proprio i vescovi italiani sono in prima linea – come lo è la Cei che promuove questa Giornata – nel ribadire che «la morte non è mai la soluzione».
Spesso i giornali riempiono le loro pagine di frasi sulla qualità della nostra esistenza dimenticando forse di dare risalto alla vera questione: l’importanza della vita stessa.
«Oggi, in un mondo dominato dalla banalità, dalla noia e dalla violenza si parla continuamente di “qualità della vita”. Forse si sente il bisogno di utilizzare una simile espressione perché per molti la vita è diventata un assurdo in quanto non se ne percepisce più il dono meraviglioso e la responsabilità. Gesù, al contrario, ci dice, che la Vita vale sempre e in quanto tale va sempre tutelata, in ogni fase e condizione esistenziale, dal concepimento alla morte naturale».
Cosa ne pensa della cultura dello scarto che oggi certe lobby o schieramenti cercano in tutti i modi di far passare per cosa “normale” legittimandola nella società e nella politica?
«I Vescovi italiani nel messaggio per la 45° Giornata Nazionale per la Vita, affermano che la morte e lo scarto non sono mai “soluzioni”, come crede chi si batte per l’inesistente “diritto a essere uccisi” o a sopprimere una vita nascente. Noi vogliamo brevemente soffermarci nella nostra riflessione sulla difesa della vita nascente perchè la difesa del nascituro non è solo una questione di fede, ma di civiltà. Ha affermato un autorevole giurista contemporaneo, Antonio Baldassare: il diritto alla vita è il primo dei diritti dell’uomo. Si tratta di un diritto inalienabile per lo sviluppo di ogni popolo libero e sovrano»
Le istituzioni dovrebbero essere più attente a difendere le politiche per la vita?
«Il Signore sta inviando tanti segni perchè la Chiesa, il Governo e le istituzioni in genere si impegnino ad accogliere e proteggere la vita in ogni sua manifestazione. La beatificazione del Papa Paolo VI è avvenuta in seguito ad un miracolo che ha avuto come protagonista un concepito alla ventiquattresima settimana, che si trovava in condizioni critiche. L’Italia ha bisogno di misure che aiutino le donne a non abortire, i migranti a integrarsi con dignità, i disabili a essere protagonisti della vita sociale, gli anziani a non restare isolati e i malati ad avere cure effettive anche nelle fasi terminali, con l’applicazione capillare della Legge 38/2010 sulle cure palliative per contrastare l’inumana deriva dell’eutanasia».
L’ultima domanda può sembrare scontata, ovvia, ma purtroppo in questa società non lo è. L’aborto è omicidio?
«Lo stesso Papa Francesco proprio nella catechesi sul quinto comandamento - non uccidere - tenuta il 10 ottobre 2018, fece un’affermazione politicamente scorretta, ripetuta poi in diverse altre occasioni: “Non si può, non è giusto “fare fuori” un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. È come affittare un sicario per risolvere un problema”. Il Papa, con queste parole, da una parte ha ribadito, senza possibilità di equivoci, che l’aborto è un peccato gravissimo contro il quinto comandamento; dall’altra, ha riaffermato che un essere umano concepito, ma non ancora nato, è già una persona umana con tutta la dignità che ne consegue. Questa verità l'ha riaffermata non solo a parole, ma anche avvalorata con una decisione che rappresenta una novità assoluta nella storia della Chiesa, sebbene ai più sia rimasta ignota. Sabato, 17 dicembre 2022, ha ricevuto il Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi e lo ha autorizzato a promulgare alcuni Decreti, tra i quali figura il martirio di un bimbo mai nato, ma concepito di sette mesi, ucciso, il 24 marzo 1944 insieme alla sua famiglia. La beatificazione di questi sposi e dei loro figli costituirà sicuramente un segno di speranza in questa epoca in cui la famiglia è sotto attacco fuori e dentro la Chiesa».