Era il lontano 25 ottobre 1976 quando Cesare Zavattini annunciò su Radio Rai che stava per pronunciare «una parola che alla Radio non ha mai detto nessuno» e dopo una lunga pausa di silenzio, attesa, curiosità disse «C…o».
Malgrado la provocazione, per decenni il turpiloquio non è diventato linguaggio comune né nelle scuole, né in famiglia né negli ambienti religiosi, perché si è sempre distinto tra il linguaggio trasgressivo goliardico e da caserma rispetto a quello che lo studente o il militare utilizza fuori dal suo ambiente.
A seguito delle polemiche sul film "Roma santa e dannata" ho seguito il consiglio dell'autore D'Agostino che sul suo sito Dagospia mi accusa di sproloquiare di "lobby LGBTQ" e sono andato a rivedermi con calma su Rai Streaming il contenuto. Risultato: ho contato tra l'altro sette «Valla a piglia' nel ... », sette citazioni del «C…o», più sette dei più eleganti pene e pisello, otto tra culo e «froci» e varie «trom…» , «chia…» , «pomp…» ecc. ecc. e una spiegazione di come funzionano le cosidette «dark rooms», dove al buio tutti nudi chiunque ha rapporti intimi con chiunque.
Ma il problema non è soltanto il linguaggio osceno e volgare, quanto il tentativo di accreditare l'idea che quella sia la vera Roma, a cui parteciperebbero con entusiasmo (vedi testimonianza di Vladimir Luxuria) coloro che in Parlamento e fuori fanno finta di contestarla di giorno per poi partecipare di notte. Siamo di fronte allora ad una gigantesca opera di mistificazione a cui non si capisce a che titolo debba prestarsi la TV di Stato, evidentemente indifferente al messaggio devastante che trasmette.
Vorrei infatti che qualcuno mi spiegasse come possano fare famiglia e scuola (la Chiesa nel film è rappresentata come complice) ad educare ad un comportamento educato e rispettoso figli e studenti, quando questo viene deriso e bollato come pura ipocrisia dalla TV di Stato.
Nessuno infatti contesta il diritto del modo LGBTQ di autocelebrarsi come testimonial del vero e del bello, ma la TV di Stato non può prestarsi a questa gigantesca opera di mistificazione, attraverso la messa in onda e la diffusione di una operazione ideologica che nulla ha a che fare con quello che vive e testimonia nella vita quotidiana la stragrande maggioranza degli italiani.
di Carlo Giovanardi