Ci troviamo di nuovo a cavallo tra ottobre e novembre, con dei giorni particolari che invitano tutti a guardare alla fine della vita e al fine della vita ed a fare memoria anche dei cari defunti. E come accade sempre più spesso, ultimamente, la notte che precede la festa di Tutti i Santi, schiere di bambini e ragazzi “festeggiano” Halloween.
«Non nascondiamoci dietro a un dito: è vero che tanti vivono questa serata come un "carnevale" con qualche scherzo e gioco di paura, ma l’Halloween sempre più commerciale che ci stanno propinando ovunque non è un giochetto da ragazzi. […] Il modo in cui Halloween presenta il tema della morte è un vortice di mostruosità, senso di pericolo, spavento, oscurità, satanismo (ammettiamolo, è fin troppo presente in questa “festa”)», spiegavamo lo scorso anno.
Poi c’è stata l’esperienza globale della pandemia, qualcosa che quasi nessuno di noi avrebbe mai messo in conto di affrontare nella propria vita. Tanto dolore, tanta sofferenza, tante morti. Un lockdown in cui tante persone sono rimaste sole, chiuse nelle proprie case, distanti dai propri affetti. Un tempo che forse ci ha aiutato a rivalutare l’importanza di legami stabili e sinceri, di relazioni autentiche.
Ed ora torna il mese di novembre. Dopo quello che abbiamo vissuto nei mesi scorsi, questi giorni di memoria - più che essere introdotti da una lugubre “serata” a temi macabri, oscuri e spiritistici - dovrebbero diventare luogo privilegiato di riflessione sulla nostra condizione umana.
Pensare alla morte dovrebbe darci un nuovo slancio nella difesa della vita di tutti, nessuno escluso, dal concepimento alla morte naturale, perché siamo tutti importanti, tutti preziosi. Dovrebbe risvegliare in noi la coscienza del fatto che nessuno va scartato, perché unico e dalla dignità incomparabile.
Con i bambini, piuttosto, meglio festeggiare la Vita e insegnar loro che la vita di ciascuna persona al mondo va rispettata, tutelata e protetta.