Il 20 novembre di ogni anno, si tiene la Giornata Mondiale dell'Infanzia e quest'anno la ricorrenza è particolarmente significativa, perchè son trascorsi sessanta anni dell'approvazione – da parte della Assemblea Generale della Nazioni Unite – della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo (20.11.1959) che costituisce la prima dichiarazioni di Principi ONU specificamente immaginata per tutelare i più piccoli.
A questi principi ha poi fatto seguito la Convenzione sui Diritti della Infanzia e della Adolescenza come Trattato internazionale del quale fanno parte oltre 190 Stati ed al quale l'Italia ha aderito sin dal 1991.
Nella mente e nella cultura, degli operatori di Diritto, è dunque ben chiara, o almeno lo dovrebbe essere, l'importanza della tutela del minore e della sua crescita. Nei medesimi Trattati internazionali così come nelle successive dichiarazioni dei principi della Comunità Europea, il minore e le sue relazioni familiari, costituiscono dei capisaldi, apparentemente indiscussi.
Ancora sempre per inquadrare al meglio le forme di tutela “istituzionale” che le Nazioni hanno nell'ultimo secolo dedicato alla figura del Minore, non si può non ricordare come l'Italia fu tra le prime nazioni a dotarsi di un Tribunale dedicato a “comprendere” la particolare realtà del “minore di età” laddove fosse coinvolto nella commissione di un reato, come autore o come parte offesa ed a questi fini venne varato - il Tribunale “per” i Minorenni - con una competenza territoriale diversa dal Tribunale ordinario. Curia alla quale, dalla sua costituzione, venne dedicata una particolare attenzione anche nella stessa composizione dei collegi giudicanti, che diversamente dagli altri giudici, che si trovavano a trattare di una moltitudini di questioni di diritto, si dovevano occupare solo della “materia minorile”.
Erano gli anni nei quali il nostro paese si dotò, rielaborandoli e rendendo le norme di Legge funzionali tra loro, dei quattro Codici (Civile con la sua Procedura, Penale con la sua Procedura) erano gli anni nei quali venne istituita l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia il cui scopo specifico era
« la protezione e l'assistenza della maternità, la protezione dell'allattamento materno, l'igiene sociale della prima infanzia, la profilassi antitubercolare infantile, l'igiene scolastica, l'educazione fisica, la protezione igienica del fanciullo nel lavoro, la repressione degli abusi della patria potestà, la protezione sociale del fanciullo nella vita, la repressione degli abusi e dei delitti contro l'infanzia, l'educazione dei fanciulli anormali, l'assistenza e la protezione dei fanciulli materialmente o moralmente abbandonati, la prevenzione della mendicità, del vagabondaggio e della criminalità dei minorenni, la rieducazione dei fanciulli traviati, il trattamento delinquenti.» |
(Atti Parlamentari, Senato del Regno, Legisl. XXVII, Documenti, Disegni di legge e Relazioni, doc. N. 79.) |
L'Opera nazionale Maternità ed Infanzia è stata sciolta come Ente inutile nel 1975, ed al di là delle valutazioni su di questa scelta, che appartengono ad altra analisi, non si può non sottolineare come nessuno, apparentemente si sia accorto come si con tale “abolizione” si causasse un danno irreparabile e mai risolto al delicato meccanismo della “tutela di emergenza” esistente in Italia e prevista ancora oggi con il pieno vigore dell'art. 403 del Codice Civile il cui testo prevede : “ Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato, o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza, immoralità, ignoranza o per altri motivi incapaci di provvedere all'educazione di lui, la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell'infanzia, lo colloca in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”.
Con lo scioglimento come Ente inutile della Onmi era infatti venuta meno quella “Pubblica Autorità” che coordinava immediatamente e senza gestire alcun “proprio interesse” la fase delicata dell'allontanamento del minore dal suo contesto familiare.
Per comprendere al meglio la centralità della tutela del Minore, all'epoca della riorganizzazione normativa di quegli anni in Italia, si deve studiare - come è richiesto sempre dalle regole dell'interpretazione, ogni qual volta si debba capire “il senso” di una qualunque legge – la “Relazione di accompagno al Codice Civile” e nello specifico il tema regolato dall'art. 403 dello stesso Codice.
Ecco il testo della Relazione : “Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi, al Codice Civile del 4 aprile 1942 : “Nell'Art. 403 del Codice Civile si riporta, nella sua sostanza, la disposizione dell'art. 21 del Testo Unico delle leggi sulla protezione e l'assistenza della maternità e dell'infanzia Opera Nazionale Maternità e Infanzia approvato con R. decreto 24 dicembre 1934-XIII, n. 2316, che stabilisce l'intervento della pubblica autorità (nella figura dei Patroni) a favore dei minori abbandonati.
E' vero che nel richiamo generale, fatto nell'art. 400 del c.c., alle leggi speciali per quanto concerne l'assistenza ai minori, è compresa anche l'accennata disposizione, ma è sembrato che fosse sommamente opportuno riaffermare in questa materia un principio direttivo della legislazione fascista e cioè l'intervento diretto della púbblica autorità a favore dei minori abbandonati. L'assunzione di questa norma nel codice civile, vuol significare che l'intervento dell'autorità a favore dell'infanzia abbandonata o allevata in modo non conveniente, costituisce nel nuovo diritto non tanto una funzione amministrativa di carattere eccezionale, quanto una normale pubblica attività nell'interesse della sanità fisica e morale della stirpe. La nuova sistemazione presenta inoltre il vantaggio di sottrarre la norma alla frequente mutabilità della legislazione speciale, e fissa un criterio informatore, di importanza fondamentale, del diritto civile fascista. Considerata sotto questo profilo, la disposizione dell'art. 403 ha una portata assai vasta, perchè l'attività dell'autorità amministrativa viene a incontrarsi con quella che è la competenza speciale del tribunale e del giudice tutelare in materia di patria potestà e di tutela.
Sono evidenti i molteplici vantaggi che la collaborazione fra i detti organi apporterà in tutti i casi in cui sia urgente provvedere per la tutela di minorenni abbandonati o allevati con pericolo per la loro sanità fisica o morale”.
Linguaggio e termini superati dalla Storia ma, certamente, Principi non superabili come quelli della “collaborazione fra organi competenti” - all'epoca esistente e poi abolita, perché ritenuta inutile - pena il disastro che è stato salutato in questi mesi, con l'inchiesta più nota in tema di “danno ai minori”, quella conosciuta dalla pubblica opinione come l'inchiesta di Bibbiano.
In poche e semplici parole l'abolizione, cieca, della “pubblica autorità” di riferimento prevista dall'art. 403 del codice civile, ha creato una vera e propria “falla” nel Sistema della Tutela e della protezione della Infanzia.
Da quel momento è scomparsa e non è mai stata ricostituita alcuna Autorità Centrale che fosse messa a conoscenza di quanto posto in opera dai nuovi “organi di protezione dell'infanzia” che intervenendo, su propria valutazione, avessero allontanato un minore “immaginato in pericolo” e collocato “in luogo sicuro, sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”.
L'indagine della Magistratura penale è ancora in corso in tutto il nostro paese ma lo scandalo di una realtà normativa, che ha consentito senza reagire, immediatamente riparando il vuluns al Diritto alla Tutela della Infanzia, resta e deve continuare ad essere percepito come un enorme scandalo !
L'interesse incontrollato ed incontrollabile di coloro che si occupino degli “allontanamenti” dei minori dalle loro famiglie, senza alcun previo vaglio della Magistratura, per un tempo “indeterminato” ed in luoghi dove si ottengono delle “sovvenzioni” per mantenervi i minori, non può infatti essere tollerato dal alcuno.
Così come accadde nella storia del giornalismo con l'inchiesta che nel mondo si ricorda con il termine “Watergate” l'inchiesta giornalistica che si è occupata dell'indagine dei fatti di Bibbiano ha scoperchiato una realtà che nessuno può negare: il Sistema delle norme di tutela all'Infanzia ha una “falla” - ormai nota a tutti - nella quale, operatori senza scrupoli, possono compiere dei veri e propri abusi senza alcun controllo, proprio in danno di quel Minore, che le norme nazionali ed internazionali vogliono proteggere senza se ne ma.
di Giorgio Vaccaro