Quello vergognoso di Ravenna – di cui si è dato conto su queste colonne – non è stato purtroppo un caso isolato. Infatti un altro messaggio minaccioso, peraltro dello stesso identico tenore («Pro Vita morto non obbietta») è apparso da poco a Como, precisamente all’incrocio tra via Salvo d’Acquisto e via Valleggio. Una scritta, quest’ultima, che ha suscitato la comprensibile indignazione del consigliere comunale di Fratelli d’Italia Lorenzo Cantaluppi, che ha parlato di «una frase di una violenza incredibile».
In effetti, la portata incredibilmente violenta di simili messaggi appare indubitabile; allo stesso modo, appare indubitabile che essi siano in qualche modo frutto di una strategia: stesse minacce, contro la stessa associazione, nello stesso periodo e in entrambi in casi scritti con le bombolette spray…Ora, non serve l’acume di Sherlock Holmes per capire che tutto ciò è figlio se non di una stessa cabina di regia, certamente di un medesimo clima d’odio.
D’altra parte, come dimenticare, restando alle cronache più recenti, quanto accaduto a fine novembre nella sede di Pro Vita & Famiglia, assaltata da un gruppo di manifestanti “contro la violenza sulle donne” (mai virgolette paiono più opportune) con il risultato che alla fine, all’interno della stessa sede, è stato rivenuto perfino un ordigno esplosivo. Fatto, quest’ultimo, che ha suscitato lo sdegno di gran parte – è vero – delle forze politiche. Non di tutte però, se si considera il silenzio e la mancanza di solidarietà dimostrati in quella occasione dai vertici del Pd, Elly Schlein in primis.
Fatti come quello di Ravenna e Como, in un contesto in cui neppure tutte le forze politiche presenti in Parlamento riescono a prendere le distanze da un attacco dai tratti terroristici, diventano quindi se non normali certamente prevedibili. C’è una parte non trascurabile dell’establishment progressista italiano che non considera la condanna d’ogni forma di violenza come un dovere morale: il dato politico è purtroppo questo. Ed è naturalmente drammatico, per non dire di peggio. Motivo per cui non resta che augurarsi che di messaggi auspicanti più o meno direttamente un «Pro Vita morto» non abbiano a ripetersi. Dopotutto, siamo agli sgoccioli del 2023 e all’inizio di un anno nuovo, in tutti i sensi.
Che sia dunque, questa, l’occasione davvero per voltare pagina e tornare a riflettere, tutti assieme, sui valori non negoziabili della vita, della famiglia e della libertà religiosa. Che sono valori, meglio tornare ad evidenziarlo, non solo non violenti ma che neppure richiedono l’adesione ad alcuna fede né ideologia per essere accolti o promossi. Non serve infatti essere non solo fanatici ma neppure credenti per constatare che nel grembo materno già è presente un figlio, un soggetto unico e irripetibile che merita di essere difeso, così come non serve alcuna fede neppure politica per rendersi conto che la famiglia è davvero la cellula fondamentale della società – perché senza di essa non è un «Pro Vita», ma l’intera civiltà ad essere morta.