Per vedere fino a quale profondità è arrivato il degrado occidentale, non occorre viaggiare molto. Basta arrivare a Torrevieja, nel sud della Spagna, non lontano da Alicante. Qualche giorno fa, durante i cortei e le manifestazioni collegate al carnevale, ha sfilato un gruppo danzante e sorridente di bambini o bambine dall’apparente età di sette, otto o nove anni. Perché tanta incertezza nel definirli? Semplicemente perché sono stati fatti sfilare in scarpe con tacchi, calze autoreggenti o con reggicalze, nudi dal torso in su, con nastro adesivo collocato ad X sui capezzoli e un pesante trucco sul volto. Praticamente impossibile distinguere i maschietti dalle femminucce, così come attribuire un’età precisa. Ad aprire questa sfilata choc due bambini (o bambine, chissà), con attaccate alla schiena le bandiere arcobaleno simbolo LGBTQ+.
Foto e video di questa parata hanno ingenerato in Spagna un’ondata di indignazione: il giornale El Español dà conto di un profluvio di critiche per l’effetto sessualizzante dei bambini ottenuto dalla messinscena, con qualcuno che ha ipotizzato un’organizzazione pedofila alle spalle dell’esibizione o, quanto meno, che sia realizzata tenendo all’oscuro i genitori dei minorenni. Molti sono chiesti come abbia potuto la municipalità di Torrevieja permettere uno scempio del genere. Sicuramente, viene da pensare, c’è una giunta iper-progressista, fanaticamente schierata a sostegno dell’ideologia gender e delle prassi queer.
La risposta del sindaco non si è fatta attendere: «il carnevale incarna la critica, la satira e la provocazione. I genitori erano al corrente e non avevano intenzione di sessualizzare i loro bambini, ma anzi di criticare la situazione politica e sociale Spagnola». Per questo, ha dichiarato poi, non ha alcuna intenzione di condannare la parata, anzi intende garantire la più assoluta libertà di espressione contro le iniziative di alcuni avvocati cristiani che vogliono intentare causa all’amministrazione e che sono stati definiti spregiativamente “talebani”. E così effettivamente è avvenuto: i cortei sono continuati e nella competizione sui costumi sfoggiati durante le parate ha vinto una compagnia di giovani che si sono presentati vestiti da diavoli. Probabilmente non a caso e in continuità (ideo)logica con i ragazzini e ragazzine in tenuta gender.
Cosa rispondere, però, al sindaco che parla di ampie dosi di dissacrazione, satira e provocazione in un “carnevale che si rispetti”?. Sì, di solito ci sono, ma sono elementi che, tuttavia, per essere usati con efficacia devono avere alla base una corposa dose d’intelligenza. Basta infatti un piccolo cedimento della ragione nell’esercizio della satira e della provocazione per sfociare nel volgare o nel messaggio puramente ideologico. Allo stesso modo si dovrebbe prestare attenzione a concedere una “libertà assoluta”, che è un concetto intrinsecamente contraddittorio: la libertà è tale se rimane relativa, anzitutto rispetto alla libertà degli altri, ma anche a limiti etici. Uno dei quali è che gli aspetti dell’esistenza legati alla sessualità vadano tenuti lontani da coloro che non sono ancora fisiologicamente e psicologicamente in grado di capirli, come appunto i bambini. Superati quei limiti, non si ha più libertà ma licenza, ovvero libertà senza intelligenza né responsabilità.
Ci si deve stupire? In realtà no. Chi è ben informato sa che la Spagna è per l’Europa mediterranea ciò che la Gran Bretagna è per il nord Europa: un hub di amplificazione e distribuzione delle tematiche LGBTQ+ e “transfemministe” più estreme. Fin dagli anni ’90 del secolo scorso la penisola iberica è stato il laboratorio sociale di queste ideologie: una volta radicatesi con successo, hanno poi assunto il ruolo di focolaio. Un ruolo per la verità piuttosto inefficiente: mentre infatti la Spagna cadeva nel trans-umanesimo, nel resto dell’area mediterranea si è fatto catenaccio. Qualcosa è filtrato, ovviamente, ma il caos spagnolo non è passato nella sua interezza, nonostante l’impegno diuturno di certi media e di certi politici.
Non c’è dunque da sorprendersi che ragazzini e ragazzine sfilino in guepière in Spagna, il paese della Ley trans (Legge trans) voluta dalla ministra transfemminista Irene Montero. Grazie ad essa ogni cittadino può cambiare il proprio genere all’anagrafe come più piace, con pieno riconoscimento legale, liberamente dai 16 anni in su, con il consenso dei genitori se sotto i 16 anni. E può ripensarci quando vuole, a seconda dell’umore o della moda del giorno. Anche per questo moltissimi uomini spagnoli hanno annunciato di volersi dichiarare donne, come unico modo per evitare la repressione prevista dall’altra folle legge spagnola, quella contro la violenza di genere, che garantisce il carcere a qualunque uomo sulla base di qualunque accusa da parte di una donna, anche senza prove o testimoni e prima di qualsivoglia processo. Davvero ci si stupisce che in un paese dove vige una legislazione di questo tipo si facciano sfilare ragazzini e ragazzine in tenuta sexy? Grazie a un continuum di governi retti dal progressismo trans-umano, la realtà in Spagna è questa, e ringraziamo il cielo che l’Italia sia stata e sia ancora immune (ma non troppo) dalla gran parte di quel genere di degrado.