Grazie a un intervento in extremis da parte della magistratura francese, la morte per disidratazione di Vincent Lambert è stata fortunatamente scongiurata. Almeno per il momento e, forse, per i prossimi mesi. Ciò non toglie, tuttavia, che la gravità della vicenda di questo ex infermiere di 42 anni rimasto tetraplegico in seguito a un incidente – e da anni in stato di «état de conscience minimal plus», secondo la diagnosi a suo tempo effettuata dal Coma science group del professor Steven Laureys, uno dei maggiori esperti mondiali nei meccanismi e nei gradi di coscienza – si presti ad alcune, doverose considerazioni.
La prima di esse riguarda il fatto che questo caso, per quanto grave, risulta essere solo l’ultimo di una lunga, triste serie a livello internazionale, che va da Terri Schiavo (1963–2005) a Eluana Englaro (1970-2009): tutte storie di persone la cui richiesta di morte risultava e risulta alquanto dubbia, tanto è vero che la magistratura è stata costretta a ricostruirle a posteriori incastrando testimonianze su presunte dichiarazioni rese anni e anni prima. Addirittura, ed è la novità più grande del caso Lambert, ora si è arrivati alla sospensione dei trattamenti nel supposto «interesse» stesso del paziente, quando esso risultasse privo di prospettive di miglioramento.
Una seconda considerazione concerne il fatto che, con il caso Lambert, non si è solo in presenza di un rischio eutanasico, ma anche eugenetico. Difficile, infatti, non sentir risuonare davanti alla soppressione di un disabile gravissimo le parole di Friedrich Nietzsche, il quale ebbe con chiarezza raggelante a scrivere: «I deboli e i malriusciti devono perire, questo è il principio del nostro amare gli uomini» (L’anticristo, Adelphi 1970, p.169). Considerazioni, quelle del filosofo, riprese in epoca contemporanea da Aldous Huxley il quale, nel suo Ritorno al Nuovo Mondo (Mondadori, 1961), fece capire di essere terrorizzato dalla prospettiva di «una maggioranza di umani di qualità biologicamente inferiore».
Continuando, la vicenda dell’ex infermiere francese risulta inquietante perché, se da un lato è un esempio di eugenetica il tentativo di eliminare un disabile gravissimo senza che esso abbia mai richiesto di morire, dall’altro risulta una storia rispetto alla quale i media stanno svolgendo un ruolo non indifferente. In che modo? Anzitutto presentando il caso di Lambert come un esempio di «stato vegetativo cronico» – cosa che, abbiamo visto, non è -, e poi dando a tutta la vicenda una narrazione emotiva, compassionevole, ergo platealmente pro eutanasia.
Difficile, a questo proposito, non ripensare a quando, nel 1976, Henri Caillavet, membro del Grand Orient de France, presentò al Parlamento francese la prima proposta di legge sull’eutanasia. Egli infatti parlò di una «proposta di legge» che «non ha altro scopo che restituire alla morte la sua dignità, permettendo a ciascuno, se lo desidera, di concludere la propria vita a casa sua, tra i suoi, senza inutili sofferenze».
Come per Lambert oggi, anche allora l’eutanasia era insomma già dipinta come una morte felice, degna, «senza inutili sofferenze». E anche se nel caso del francese, come sappiamo, i familiari sono del tutto contrari all’uccisione del loro congiunto, i media fanno diabolicamente di tutto per metterlo in secondo piano. Motivo per cui è importante prestare molta attenzione, smascherandola, sia alla narrazione di stampa e televisione di questa vicenda, sia al non farsi contagiare da una mentalità eugenetica che, dopo Terri ed Eluana, intende servirsi anche del povero Vincent per radicarsi nell’opinione pubblica.
Giuliano Guzzo