E’ inaccettabile negare alle donne di conoscere la verità sull’aborto chimico tramite RU486, che continua ad essergli falsamente presentato come una “caramella”, tanto più che, secondo l’ultima Relazione sulla Legge 194 del Ministero della Salute, la maggior parte delle donne che abortisce lo fa tramite pillola. Continueremo a batterci perché le donne conoscano i rischi per la loro salute, soprattutto in Emilia-Romagna dove, dallo scorso 1° gennaio, è stato dato il via libera alla pillola abortiva “a domicilio”. Per noi l’aborto resta un omicidio, ma reputiamo gravissimo negare alle donne la verità pur di banalizzarlo, rischiando di abbandonarle ad esperienze spesso traumatiche sia per il dolore provocato dalla prostaglandina, per indurre l’espulsione, sia perchè nel 56% dei casi la mamma fa l'esperienza devastante di riconoscere il proprio bambino morto. In Italia è sempre più difficile aprire dibattiti seri su temi etici e chiediamo quindi al Parlamento maggiori garanzie sulla libertà di manifestazione del pensiero in relazione alle campagne di sensibilizzazione e informazione sociale sui temi etici.
Così Maria Rachele Ruiu, portavoce di Pro Vita & Famiglia, sulla sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato la censura del Comune di Rimini, l’ennesima da parte di un’amministrazione di centrosinistra, che nel 2020, con l’allora sindaco del PD Andrea Gnassi, negò l’autorizzazione all’affissione dei manifesti di sensibilizzazione della onlus sulla RU486. I manifesti raffiguravano una donna svenuta con in mano una mela a simboleggiare il “veleno” che rappresentano i rischi derivanti proprio dall’assunzione della pillola abortiva e la scritta “Prenderesti mai del veleno? Stop alla Pillola abortiva RU486: mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo”.