In Ghana, stava per essere calendarizzato per fine luglio, uno dei più grossi raduni di attivisti LGBT, il primo, in assoluto, di questo genere, in Africa occidentale.
Lo scopo era quello di riunire tutti i leader LGBT per condividere idee e soprattutto lavorare insieme per cambiare alcune leggi considerate discriminatorie nel Paese, come il divieto dei rapporti omosessuali che attualmente sono considerati fuori legge. E non solo in Ghana, ma anche in altri 32 paesi africani. Un portavoce del ministero per le Pari Opportunità, l’Infanzia e la Protezione Sociale ha ribadito con forza, alla Thomson Reuters Foundation “Il governo del Ghana non consentirà tale conferenza e basta” e, alla domanda sul perché, ha tenuto a specificare che la causa non è sicuramente il coronavirus".
In realtà, il provvedimento preso dal governo, è frutto anche di una mobilitazione di associazioni contrarie alle politiche LGBT che avrebbero condotto una vera e propria campagna contro l’imminente maxi raduno arcobaleno. La scorsa settimana, infatti avrebbero insistentemente chiesto al governo di non rilasciare visti agli organizzatori.
Contemporaneamente è stata inoltrata una petizione online per chiedere la soppressione dell’evento che, peraltro, ha avuto grande successo, raccogliendo ben 19.000 firme in una settimana.
In più, gli avvocati di Christ Ghana hanno ricordato al loro presidente che "Le attuali leggi del Ghana criminalizzano le attività consensuali tra persone dello stesso sesso tra adulti, quindi è chiaramente illegale per ILGA tenere una conferenza qui in Ghana che rappresenta un gruppo che promuove queste attività”.
Come prevedibile, la decisione del governo ha suscitato grande rabbia tra gli attivisti LGBT, ma l’esperienza dimostra che, quando si scende in campo in difesa di certi valori, a furia di insistere, talvolta si può anche vincere.
di Manuela Antonacci