04/09/2018

Il miracolo della vita: la storia del piccolo Winston

La vita ci sorprende sempre, in positivo o in negativo. Nel caso del piccolo Winston Rochat il miracolo della vita ha stupito tutti in senso positivo.

La storia di questo bambino è particolare. La sua mamma, Jenny Bergstrom, è infatti affetta dal morbo di Crohn, il che poneva difficoltà di concepimento. Tanto che, in accordo con il marito Tom Rochat, a un certo punto avevano deciso di intraprendere la strada dell’adozione. Proprio in quel momento, però, la sorpresa: il test di gravidanza è risultato positivo! Una nuova vita stava crescendo nel grembo di Jenny.

La gravidanza procede ma, verso la fine di ottobre del 2017, a sole 25 settimane il piccolo Winston decide che è ora di venire alla luce: quando nasce non pesa neanche mezzo chilogrammo, è piccolissimo... eppure è perfetto. Scrive Live Action: «La sorella di Jenny, Kristine, rimase a quel tempo stupita di come Winston fosse perfettamente formato a 25 settimane. “Non ho mai visto un bambino così piccolo. Non potevo credere quanto fosse sviluppato per quanto prematuro”, ha detto. Infatti, i bambini a 25 settimane sono completamente formati. Hanno la capacità di mangiare, hanno ghiandole del sudore, aprono e chiudono gli occhi, sussultano a forti rumori, ascoltano e rispondono ad altri suoni e molto altro ancora».

Tuttavia, la vita di Winston era appesa a un filo. Durante i mesi trascorsi in ospedale, fino alle dimissioni avvenute a marzo, le complicazioni non sono mancate. Così come non è stato facile neanche dopo, per esempio quando a giugno ha dovuto subire un intervento per un’ernia. Eppure i suoi genitori gli sono stati sempre vicini e hanno creduto in lui, trasmettendogli amore e forza: nei primi mesi è stato fondamentale la cosiddetta “Kangaroo Care”, ossia la pratica del pelle a pelle: infatti, la «ricerca mostra “ridotta mortalità, meno gravi malattie, infezioni e minor durata della degenza ospedaliera”» se si mette in pratica questo approccio.

La scienza medica, in tema di prematurità, negli ultimi anni ha fatto notevoli passi in avanti: se vi è infatti un’attenzione al bambino e ai suoi bisogni, intesi in maniera complessiva (non solo fisici, ma anche relazionali), la sopravvivenza è aumenta di molto (si ricordi la storia di Ellie, nata a sole 21 settimane di gestazione). E in questi casi si può legittimamente parlare di scienza buona, a servizio della vita.

Giulia Tanel

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