Una petizione in difesa della lingua italiana gira in questo periodo in Rete. Si tratta della raccolta firme diffusa su Change.org e proposta da un professore, Massimo Arcangeli (linguista e scrittore, ordinario di Linguistica italiana all’Università di Cagliari) «a difesa della lingua nostra». Un’iniziativa, inoltre, ricondivisa anche da personaggi noti del mondo della cultura, come lo storico e scrittore Alessandro Barbero, il filosofo Massimo Cacciari, le italianiste Giovanna Ioli e Cristina Nessi, ma anche il giornalista e autore Michele Mirabella, il filosofo Paolo Flores d’Arcais e la poetessa Edith Bruck.
Il “casus belli” che ha scatenato questa presa di posizione è stato l’uso della schwa (ə) da parte del ministero dell’Istruzione, niente meno che in una procedura concorsuale universitaria. Il carattere schwa, come ormai ben sappiamo, è usato per esprimere anche nella scrittura il delirio gender fluid, trasformando la parte finale degli aggettivi e dei sostantivi in senso “neutral”, quindi né maschili né femminili. Fino ad ora, però, tale uso era relegato ai contesti LGBT e mai aveva fatto capolino in documenti ufficiali di una realtà pubblica.
In particolare – come aveva svelato anche Pro Vita & Famiglia - il passaggio del documento contestato dal professor Arcangeli, pubblicato dal Miur, riguarda l’uso della schwa, applicata alla parola professore. Un uso improprio e smaccatamente ideologico che, nell’invito a firmare, viene definito «una pericolosa deriva, spacciata per anelito di inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano […], promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le insegne del politicamente corretto, pur consapevoli che l’uso della “e” rovesciata non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico».
Nella petizione, inoltre, accanto alla schwa vengono inseriti altri simboli usati con lo stesso intento come slash, asterischi o chiocciole, ma anche agli «altri specifici suoni (come la “u” in “Caru tuttu”, per “Cari tutti, care tutte”), che si vorrebbe introdurre per modificare l’uso linguistico italiano corrente»
Cambiamenti che, in realtà, non hanno motivo di esistere, ma sono, secondo la petizione, degli artifici «frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività».