Pro Vita ha partecipato ieri alla conferenza stampa convocata dal portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs presso l’Accademia d’Ungheria a Roma. Tanti gli argomenti sul tavolo. Si è parlato in generale delle prossime elezioni europee e delle prospettive che si apriranno dopo le elezioni di maggio. Ma soprattutto abbiamo cercato di capire come a Budapest è stato letto l’incontro fra il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e il magnate George Soros interessato a trasferire a Vienna le attività della sua Università. È un incontro che nasconderebbe soprattutto una finalità di tipo politico, ossia allontanare l’Austria dalle posizioni sovraniste di Viktor Orban e del gruppo di Visegrad?
Sebastian Kurz ha ricevuto il magnate ungherese George Soros per un incontro di lavoro nella Cancelleria federale. Motivo dell’incontro il futuro della Central European University (Ceu), l’istituzione di studi universitari fondata da Soros, in procinto di lasciare parzialmente l’Ungheria per aprire una nuova sede a Vienna. È questo l’obiettivo?
«Siamo molto dispiaciuti del fatto che l’Università di George Soros non voglia adempiere alle condizioni imposte in Ungheria, alle quali si sono invece adeguate tutte le università straniere, da quella francese a quella inglese senza alcuna obiezione. In realtà bisogna chiarire un grande equivoco, perché è sbagliato parlare genericamente di “università di George Soros”. Siamo di fronte infatti a due entità giuridiche, la Central European University da una parte, e l’Università ungherese dall’altra. Soros e il rettore dell’Università sfruttano molto spesso il fatto di mescolare queste due entità. L’Università ungherese fa parte della struttura dell’insegnamento superiore ungherese, invece il Central European University è un corpo giuridico vuoto. La maggior parte degli studenti frequenta l’Università ungherese. La versione inglese e americana dell’Università è volta semplicemente a concedere per la medesima attività anche un diploma americano. Le leggi sull’insegnamento superiore ungherese riguardano indistintamente tutte le università ungheresi e non. Tranne quella di Soros, tutte sono riuscite ad adempiere alle condizioni poste dalla legislazione dell’Ungheria. Per quale motivo loro non vogliono farlo? Questa la grande domanda. Noi riteniamo, anche sulla base dell’incontro fra il cancelliere Kurz e George Soros, che si tenti di trasferire la consegna dei diplomi a Vienna per una posta in gioco di natura politica. Noi infatti non abbiamo adottato nessun tipo di provvedimento che potesse prendere di mira l’università di Soros. Chi sostiene il contrario dice il falso. Nelle università legate a George Soros, sia in quella americana che in quella ungherese, ci sono in tutto 1700 iscritti. Quindi non vediamo il motivo per cui si dovrebbero trasferire le attività altrove. Ciò che chiediamo è soltanto il rispetto della legge, quel rispetto che tutte le altre università straniere hanno garantito. È pieno diritto dell’Austria condurre consultazioni del genere, ma siamo molto dubbiosi su come poi riusciranno a portare in porto questa operazione».
Dopo le elezioni di primavera quale sarà il nuovo volto dell’Europa? Il gruppo di Visegrad riuscirà nell’impresa di cambiare la Ue?
«La campagna elettorale è iniziata già da settembre, e abbiamo la netta sensazione che le prossime elezioni saranno molto diverse da quelle precedenti. Negli ultimi decenni le elezioni europee sembravano ridotte a una sorta di competizione interna ai vari Stati e nel Parlamento europeo si rispecchiavano le posizioni di potere che caratterizzavano i singoli Paesi. Stavolta si affronterà una tematica nuova che probabilmente interesserà molte nazioni che riguarda l’immigrazione, illegale e non. Argomento di cui molti non vorrebbero nemmeno parlare. Tantissime domande si stanno ponendo alla luce di questo problema, dal funzionamento delle istituzioni europee al futuro stesso della Ue. Non sappiamo quale sarà il risultato finale, ma se andiamo ad analizzare alcuni recenti sviluppi politici ed elettorali in alcuni Stati membri come l’Italia, l’Austria e la Germania, possiamo essere certi di una cosa. Il funzionamento del Parlamento europeo sarà diverso e questo aprirà inevitabilmente nuove prospettive».
Marta Moriconi