03/08/2023 di Redazione

Il ricatto ai genitori di ragazzi con disforia: «Meglio un “figlio” vivo che una “figlia” morta». Ma è vero?

Questo è il ricatto morale cui sono sottoposti i genitori dei ragazzi con disforia di genere: «i giovani si suicidano se non viene loro consentita la transizione». Ma è vero che il “cambiamento di sesso” previene i suicidi? 


«La transizione di genere non riduce i suicidi». L’American College of Pediatricians replica così alla menzogna diffusa da tanti sedicenti esperti mainstream che affermano al contrario che tale intervento “salverebbe la vita” di adolescenti scontenti del proprio corpo. Gli stessi pediatri americani sottolineano da un lato l’evidenza scientifica che «nessun bambino nasce trans» e dall’altro che «non esiste un singolo studio a lungo termine che dimostri la sicurezza o l’efficacia dei bloccanti della pubertà, degli ormoni sessuali incrociati e degli interventi chirurgici per i giovani che vorrebbero cambiare sesso. Ciò significa che le sostanze usate per bloccare la pubertà sono sperimentali e pertanto i genitori non possono fornire un consenso informato, né - tantomeno - i minori possono essi stessi validamente acconsentirvi». Eppure si prosegue imperterriti a sperimentare sulla pelle dei più giovani, sebbene siano ormai documentati gli effetti nefasti dei farmaci bloccanti la pubertà, di cui abbiamo visto nell’articolo a p. 7. 

Michael Biggs, dell’Università di Oxford, ha osservato che «non c’è alcuna differenza statisticamente significativa nel funzionamento psicosociale tra il gruppo a cui erano stati somministrati i farmaci bloccanti la pubertà e il gruppo a cui era stato offerto solo supporto psicologico. Anzi, dopo un anno, i minori che hanno assunto tali farmaci hanno riportato un maggiore autolesionismo, le ragazze hanno sperimentato più problemi comportamentali ed emotivi e hanno espresso una maggiore insoddisfazione per il proprio corpo. In sostanza i bloccanti della pubertà hanno esacerbato la disforia di genere».

«Le persone che attraversano la transizione medica si uccidono a un ritmo 19 volte maggiore della popolazione generale». A denunciarlo questa volta è uno studio di Jane Robbins  dell’Harvard Law School ‘81, promotori di una campagna per tutela dei diritti dei minori e dei loro genitori. Lo confermano anche gli psicologi Michael Bailey della Northwestern University e Ray Blanchard dell’Università di Toronto, i quali affermano: «Le migliori prove scientifiche suggeriscono che la transizione di genere non serve a prevenire il suicidio. Non ci sono prove convincenti che la transizione riduca le probabilità che i minori disforici si suicidano».

Il rischio di suicidio tra i giovani transidentificati (fattore 13) è inferiore o paragonabile a quello di altri gruppi di giovani a rischio: l'anoressia aumenta il rischio di un fattore 18-31, la depressione lo moltiplica per un fattore 20, l'autismo per un fattore 8. In più, «i giovani con disforia di genere soffrono anche di depressione, anoressia, autismo e altre condizioni psicologiche che li predispongono al suicidio». Uno studio dell’American Foundation for Suicide Prevention ha infatti rilevato che il 96% degli adolescenti statunitensi che tenta il suicidio soffre di almeno un disturbo mentale. 

Le modalità di prevenzione del rischio di suicidio per i giovani trans sono le medesime degli altri giovani: psicoterapia e trattamenti sanitari con psico-farmaci approvati dalla Fda. E le ricerche più aggiornate mostrano anzi l’efficacia della psicoterapia per la risoluzione della disforia di genere nei bambini e negli adolescenti. Uno studio del 2019 conferma i risultati di 16 studi messi a punto tra il 1969 e il 2012, i quali mostrano quanto una buona psicoterapia possa essere molto efficace nel trattare le cause alla base dell’incongruenza di genere in modo tale che tali pazienti accettino serenamente il loro sesso biologico. 

Quanto agli ormoni incrociati (gli ormoni del sesso opposto che si somministrano dopo il blocco della pubertà), il 23% delle donne cui viene dato il testosterone hanno sviluppato una sindrome psichiatrica anche grave; e in più, un numero compreso tra il 3,4 e il 12% ha avuto problemi psicotici. Per gli uomini cui vengono somministrati estrogeni, c’è un concreto rischio di incremento di depressione e ansia. Questi sono tutti fattori che aumentano il rischio di suicidio. 

Altri due lavori scientifici, l’uno olandese, l’altro svedese [cfr. Dhejne C. et al., Long-Term Follow-Up of Transsexual Persons Undergoing Sex Reassignment Surgery: Cohort Study in Sweden,” 22 (2011); Van Kesteren P. et al., Mortality and Morbidity in Transsexual Subjects Treated with Cross Sex Hormones 29 (2003)], mostrano come in effetti la transizione di genere mascheri i problemi psicologici sottostanti che generano la disforia.

È noto, poi, che il suicidio innesca una tragica dinamica di contagio sociale: più se ne parla più ce ne sono (effetto Werther). È quindi ancor più deprecabile l’insistenza dell’industria trans nel proclamare che gli adolescenti disforici sono costantemente sull’orlo del suicidio. lo spiegano Michael Bailey, che insegna psicologia alla Northwestern University, e Ray Blanchard, responsabile dell’Adult Gender Identity Clinic of Toronto’s Centre for Addiction and Mental Health di Toronto: è una vergognosa strategia di ingegneria sociale. Attivisti trans adulti e medici mettondo in allarme per il suicidio dei giovani, di fatto lo incentivano. Il dottor Wallace Wong, uno chirurgo specialista del settore, incoraggia pubblicamente i ragazzi a minacciare il suicidio per ottenere ciò che vogliono. Medici, politici, e famiglie sono intimiditi e intimoriti e i social media fanno da cassa di risonanza. Le più comuni testimonianze dei detransitioner raccontano che coloro che inducono alla transizione (gruppi Lgbt incontrati on line), consigliano di minacciare il suicidio se i genitori vi si oppongono.

La tesi secondo cui sarebbe la discriminazione sociale a indurre i giovani trans al suicidio è poi smentita anche da uno studio australiano che già nel 2014 ha riportato come uno dei principali motivi di suicidio tra gli Lgbt sia lo stress causato dai partner, non il rifiuto della società.

Anzi, come evidenziato anche dallo psichiatra Paul McHugh, «è impossibile dimostrare attraverso gli studi pubblicati sinora che lo stigma generi una cattiva salute mentale, in quanto può accadere che sia una cattiva salute mentale a portare le persone a percepire livelli più elevati di stigma, oppure anche un terzo fattore esterno possa essere responsabile sia della cattiva salute mentale che dei livelli più elevati di stigmatizzazione» (cfr. Mayer L. - McHugh P., Sexuality and Gender: Findings from the Biological, Psychological, and Social Sciences, in The New Atlantis (2016), pp. 79-81). 

Hacsi Horvath, medico, epidemiologo e ricercatore che ha vissuto per 13 anni da donna e poi ha detransizionato, ha confrontato i tassi di suicidio tra gli adolescenti: erano molto più bassi negli anni Cinquanta, quando gli “stereotipi” erano "imposti" molto più rigidamente di ora: se oggi il rifiuto sociale dei giovani trans è ai minimi storici, perché si suicidano di più? Piuttosto sono gli interventi “confermativi” che aumentano effettivamente il disagio psicologico. Quanto ai suicidi tra i giovani prima della “transizione”, dice anche Horvath che è «una profezia che si auto-avvera» che «modella la narrazione. Spaventa i genitori e i legislatori». In realtà, invece, «la “transizione” non è l’unica opzione per la gestione del problema del ragazzo. Non è l'opzione migliore. In un mondo sano, non sarebbe affatto un'opzione».

 

Articolo a cura della Redazione già pubblicato sulla Rivista Notizie Pro Vita & Famiglia n. 119 – Giugno 2023

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