22/06/2021 di Jacopo Coghe

Il Vaticano contro il ddl Zan. Una difesa di pluralismo e libertà che interessa tutti

Una richiesta formale, ufficiale e che mette in campo i rapporti politici e diplomatici tra Stati. E’ la mossa che il Vaticano, per mezzo della Segreteria di Stato, ha fatto nei confronti dell’Italia sul tema del disegno di legge Zan sull’omotransfobia.

L’arcivescovo inglese Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, praticamente il corrispettivo del nostro ministro degli Affari Esteri, ha infatti depositato formale richiesta al governo italiano affinché fermi la legge Zan. Un documento che già sta facendo il giro dei media e sta suscitando non poche polemiche e commenti, vista la portata della richiesta e il fatto che sia un modus operandi inedito. Secondo molti analisti politici e vaticanisti, infatti, mai il Vaticano si era spinto a tanto per quanto riguarda un argomento di legislazione di un altro Stato, in particolare dell’Italia.

Un dettaglio, questo, che ci fa capire quanto – anche per la Santa Sede – il disegno di legge Zan sia pericoloso, inutile e liberticida. La richiesta di monsignor Gallagher, infatti, è stata motivata dal fatto che la proposta a tinte arcobaleno di Zan e della sinistra andrebbe a violare il Concordato tra Vaticano e Italia, aggiornato nel 1984 dopo quello firmato nel 1929 insieme ai Patti Lateranensi.

Come detto, un modus operandi così formale e ufficiale fa riflettere sulla portata del documento, soprattutto se consideriamo quanta importanza, da sempre, il Vaticano dà alla diplomazia e ai rapporti politici internazionali. Una presa di posizione pensante, dunque, da accogliere con favore e speranza, soprattutto per arrivare – si spera – ad un definitivo blocco del disegno di legge ad oggi in discussione in Senato, anche se non mancano le voci critiche, anche tra i cattolici, di chi crede che la mossa della Segreteria di Stato sia arrivata troppo tardi, soprattutto se si considera che del disegno di legge se ne parla ormai da più di un anno e che già lo scorso novembre è stato approvato alla Camera.

Critica sicuramente legittima, ma allo stesso tempo legittima una visione positiva di questa mossa, soprattutto se pensiamo che anche altre fazioni politiche e della società civile – le femministe, alcuni esponenti della sinistra e dello stesso mondo Lgbt – si sono “svegliate” soltanto dopo l’arrivo del ddl Zan in Senato.

Tempo prezioso perso, certo, ma allo stesso modo tempo prezioso ancora a disposizione per non mollare la presa contro una proposta legislativa assolutamente pericolosa, che mette a rischio la libertà di opinione, associazione e religione e che da più parti continua ad essere vista come irricevibile e lontana da ogni possibilità di condivisione. Pensiamo, infatti, alle molte ombre del testo come l’assurda discrezionalità del giudice, gli stravolgimenti antropologici sull’identità di genere e la neanche tanto celata volontà di introdurre il gender nelle scuole e nell’educazione.

La presa di posizione del Vaticano, quindi, non è solo diplomatica e politica, ma si fa anche interprete della preoccupazione di milioni di famiglie. A quelli che già gridano all’ingerenza della Chiesa e propinano in queste ore le solite fake news sulle tasse che il Vaticano dovrebbe pagare all’Italia – tra cui il rapper Fedez – la risposta arriva dallo stesso interesse che la Segreteria di Stato ha avuto contro il ddl Zan, volendo infatti in questo modo difendere la laicità dello Stato italiano e il pluralismo delle idee. Esattamente il contrario di ciò che il disegno di legge vorrebbe fare, con l’imposizione, a senso unico, dell’agenda Lgbt come una vera e propria religione di Stato.

Inoltre, nonostante le molte contrarietà e questa presa di posizione del Vaticano, non bisogna però cadere in false illusioni di un dietro-front da parte di chi ha proposto la legge. Soprattutto dopo il voto favorevole alla Camera, infatti, sarebbe assurdo pensare che Zan e compagni lascino andare la presa e rinuncino a questo disegno di legge. Le continua critiche però, possono – questo sì, molto più realisticamente – portare ad una maggiore e corretta consapevolezza nell’opinione pubblica e nei politici presenti in Senato, affinché si arrivi – finalmente – ad un totale e definitivo voto contrario nelle sedi legislative, scongiurando finalmente il rischio di una deriva dittatoriale di cui sicuramente il nostro Paese non ha bisogno, né ora né in nessun altro periodo storico.

 




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