Ecco cosa stanno diventando i bambini: oggetti fatti per soddisfare il desiderio di adulti di diventare genitori. Un desiderio che tanti di essi rivendicano come un diritto. Dunque, se i bambini sono oggetti di un diritto altrui, se devono soddisfare dei desideri, devono farlo bene, non devono creare “problemi”. E, se risultano “difettosi”, si possono restituire al mittente.
Quello appena presentato potremmo definirlo uno scorcio della cosiddetta “cultura dello scarto”, che oggigiorno vuole mascherarsi dietro i sentimenti più ostentatamente compassionevoli onde evitare di mostrarsi nel suo aspetto reale.
«La scorsa settimana, Myka Stauffer e suo marito James», due influencer statunitensi, «che hanno anche quattro figli biologici, avevano diffuso un video in cui annunciavano di voler rimandare indietro Huxley, il bambino cinese di quattro anni che la coppia aveva adottato tre anni fa. Il motivo? Il piccolo Huxley era autistico» e aveva troppe esigenze cui sarebbero stati chiamati a far fronte e di cui nessuno li aveva mai messi al corrente prima d’allora, leggiamo sul Messaggero. «Mi sento una madre fallita al 500%», ha dichiarato Myka.
Non giudichiamo le persone, ma la mentalità in via di diffusione secondo cui un bambino può essere figlio se lo si vuole o finché lo si vuole. No: un figlio è figlio sempre, non solo se desiderato. Che sia sano o malato, abile o diversamente abile, dalla lunga o corta aspettativa di vita, nato o non ancora nato, un figlio è un figlio e tale resta.
E l’adozione, come abbiamo ribadito in più occasioni, non serve a dare un figlio a una coppia che lo desidera, ma serve a dare una famiglia ad un bambino che ne è tragicamente rimasto privo.
Diversi pedagogisti si sono espressi sulla vicenda dei coniugi Stauffer, spiegando: «Essere abbandonati da una famiglia dopo tre anni e doversi riadattare ad un nuovo ambiente è traumatico per qualsiasi bambino, ancora di più per uno affetto da autismo». Perché niente conta di più per un bambino della sua famiglia: la sua mamma ed il suo papà.