11/10/2019

Inghilterra, getta sua madre dal balcone e viene assolto

A giudicare dagli ultimi (mis)fatti, pare che in Inghilterra uccidere i propri genitori sia diventato addirittura un “atto d’amore”.

E non stiamo parlando del ricorso al suicidio assistito da parte di un ammalato grave oppresso dalla sofferenza, che supplica il proprio figlio di aiutarlo a farla finita (cosa già di per sé orribile e terrificante) ma di un vero e proprio omicidio volontario, commesso con premeditazione e cognizione di causa.

È quanto accaduto in Inghiliterra (Essex Westcliff) ai danni della povera June Knight, una donna di 79 anni affetta da demenza senile che è stata scaraventata giù dal balcone della casa di cura in cui era ricoverata, niente poco di meno che da suo figlio, Robert Knight, un cinquantenne che ha dichiarato alla polizia di averlo fatto perché non sopportava più di vedere sua madre soffrire. Secondo quanto riporta il magazine Metro, in realtà, l’uomo stava elaborando il suo piano già da parecchio tempo ma, anziché scontare la sua colpa in carcere, per quello che è a tutti gli effetti un omicidio colposo, è stato prosciolto dall’accusa, con una motivazione che non si sa se è più assurda o terrificante. Infatti, a detta del giudice che ha emesso la sentenza, l’uomo avrebbe compiuto addirittura un atto di «amore e misericordia».

Quale amore più grande, in effetti, di quello che porta a premeditare e stroncare la vita della propria madre, non appena comincia a diventare un minimo peso da gestire?

Per di più, tragedia nella tragedia, Knight ha dichiarato che nel momento in cui stava svolgendo il suo terribile piano, sua madre era perfettamente sveglia e avendo compreso ogni cosa, si è mostrata terribilmente in pena e terrorizzata per quello che stava per succederle.

In tutto ciò, la beffa più grande è che di fronte alla domanda della polizia che avrebbe tentato di fargli prendere coscienza della gravità del gesto, chiedendogli se avesse mai pensato ad una soluzione diversa, l’uomo avrebbe candidamente risposto che aveva, in effetti, immaginato di soffocarla con il cuscino ma che poi avrebbe desistito perché non se la sarebbe più sentita di affrontare questa prospettiva.

Dopo aver ucciso sua madre, che ha vissuto momenti di agonia terribili riversa sul terreno, subito dopo l’impatto con il suolo, Knight avrebbe chiamato la polizia autoaccusandosi. Ma evidentemente per il giudice, Samantha Leigh, l’ammissione esplicita della colpa, da parte dell’uomo, non sarebbe stato un elemento sufficiente per fargli meritare il carcere e anzi, gli avrebbe rivolto parole di questo tipo, quasi elogiative: «Hai agito per amore e disperazione. Sei stato già abbastanza punito e devi convivere con quello che hai fatto».

Affermazione che ha dell’incredibile e che descrive l’omicidio in questione come se la vittima fosse il carnefice stesso, non tenendo minimamente in considerazione la sofferenza della povera donna che ha visto con i suoi stessi occhi il proprio figlio trasformarsi in un crudele assassino, come se semplicemente June, la vittima, non esistesse.

Ecco la deriva catastrofica e disumana del “best interest”, divenuto ormai un termine ombrello entro cui si fanno rientrate le ingiustizie più efferate ai danni di chi semplicemente non può difendersi perché in una condizione di debolezza. Insomma, siamo di fronte ad un tentativo bello e buono di giustificare l’omicidio stesso, senza pagarne nemmeno le conseguenze in termini penali, ma anzi ricevendo una bella pacca di approvazione dalla giustizia e, in alcuni casi, dalla società tutta.

Quale sarà la prossima deriva dell’omicidio “misericordioso”?

 

di Manuela Antonacci

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