E’ iniziato giugno, mese che per molti, specie i più giovani, è quello della chiusura delle scuole, mentre per tanti altri – se non tutti, dato il martellamento mediatico che ogni anno si verifica – sarà quello dell’orgoglio arcobaleno. Diciamo subito che la scelta di giugno non è causale dato che in questo mese, decenni or sono, avvennero due fatti rilevanti. Anzitutto il 28 giugno 1969 allo Stonewall Inn, noto locale notturno di Greenwich Village, un sobborgo di New York, si verificò un evento destinato a passare alla storia, ovvero una guerriglia tra i frequentanti di quel locale, che si ribellarono, e le forze di polizia, che erano solite passare per dei raid contro la violazione della legge dello stato di New York che, all’epoca, impediva di presentarsi in pubblico con un «unnatural attire» – vale a dire un aspetto non consono all’essere uomo o essere donna.
Sempre a giugno, il 25 del 1978, ci fu a San Francisco il primo San Francisco Gay Freedom Pride Parade. Da quei fatti, come si diceva, sono ormai trascorsi decenni, eppure giugno ancora oggi – anzi oggi più che mai, in realtà – è, come ci ricorda anche Wikipedia, il mese dell'orgoglio Lgbt. Il che si traduce, anzitutto, nei gay pride, le manifestazioni appunto dell’orgoglio arcobaleno che, solitamente, si riflettono in una duplice tendenza: da un lato l’offesa al senso religioso e la blasfemia (lo abbiamo visto ampiamente, negli anni, a Cremona; a Torino e in altre città italiane), dall’altro, la rivendicazione di tutta una serie di richieste intollerabili, dalla carriera alias al matrimonio egualitario fino all’utero in affitto, tema quest’ultimo che, in realtà ormai da tempo, ha aperto una dura frattura con un’ala non irrilevante del mondo arcobaleno, vale a dire quella rappresentata da Arcilesbica.
Significativo, al riguardo, quanto ha evidenziato sullo Spectator la scrittrice femminista Julie Bindel: «Le lesbiche ne hanno abbastanza […] se gli uomini gay desiderano trasformare quella che era una marcia di protesta onorevole in niente di più di una festa di strada, e includere eccentrici e travestiti nella bandiera arcobaleno, dipende da loro, ma le lesbiche hanno ancora molto lavoro da fare». Questo però non fermerà certo né tutte le manifestazioni in programma anche quest’anno, né il rainbow washing. Di che cosa si tratta?
In breve dell’arcobalenizzazione dei grandi marchi, che appunto scelgono le settimane dei gay pride per ricordare a tutti quanto siano aperti e tolleranti. Sulla sincerità di questa operazione, tuttavia, ci sono molti dubbi. Tanto che gli stessi media laici e progressisti, ormai, criticano apertamente il rainbow washing parlando di «aziende che hanno cominciato a cavalcare le tematiche Lgbtq proponendo prodotti apparentemente gay-friendly per migliorare la propria reputazione» e che, in sostanza, dunque «sfruttano la comunità Lgbtqia+».
Ma se oggi, come si vede, ci sono ormai perfino perplessità femministe, lesbiche e progressiste sul mondo dei pride, va detto che invece il popolo del buon senso e dei valori - ai quali Pro Vita e Famiglia cerca ogni giorno di dare voce – certe manifestazioni le ha sempre ritenute inaccettabili. E non solo perché, come già si diceva, non di rado sconfinano nella blasfemia (solo anticattolica, perché invece verso altre religioni, chissà come mai, il rispetto è massimo), ma perché si servono di un tema di base sacrosanto, quello del rispetto verso chiunque a prescindere dal proprio sesso ed orientamento sessuale, per veicolare però una visione ideologica dell’identità, della famiglia e in definitiva della società; il tutto arrivando perfino a promuovere iniziative come la carriera alias o i “bagni neutri” nelle scuole, che non solo non c’entrano nulla con il rispetto, ma rappresentano un chiaro tentativo di generare confusione nei più giovani.
Per questo, posto che l’Italia non è affatto un Paese omofobo, anche quest’anno Pro Vita e Famiglia vigilerà affinché giuste istanze di uguaglianza e rispetto verso tutti non diventino ancora una volta teatro di volgarità ed occasione per mancare di rispetto ad alcuni, offendendo il senso comune e diffondendo propaganda che, prima di tutto, offende la realtà e quella dignità propria di ogni essere umano.