Siccome i temi cari al movimento arcobaleno forse non hanno ancora sufficiente visibilità, Internazionale Kids - mensile per bambine e bambini, che pubblica e raccoglie «il meglio dei giornali di tutto il mondo per lettori» dai 7 ai 13 anni – ha pensato bene di dedicare il proprio numero di maggio alle istanze Lgbt. A partire dalla copertina, infatti, il numero della rivista appare infatti totalmente orientato su questi argomenti. Un scelta non causale, ovvio,bensì strutturata e finalizzata a trasmettere contenuti arcobaleno.
«Care lettrici, quando in redazione è arrivato l’ultimo numero di Dein Spiegel abbiamo subito pensato a voi», recita infatti un’anticipazione della rivista, «conteneva un articolo che racconta in modo semplice e chiaro cosa significa la sigla “lgbt” e perché a volte si aggiunge la lettera “q” oppure un asterisco o un più. Soprattutto racconta che molte persone usano le parole gay, lesbica, trans o queer senza conoscerne bene il significato. Oppure lo conoscono ma ne hanno paura o peggio ancora usano quei termini come un insulto».
Insomma, i giovani che ancora non sapessero bene «cosa significa la sigla “lgbt” e perché a volte si aggiunge la lettera “q” oppure un asterisco o un più», potranno, grazie all’Internazionale Kids di maggio, togliersi questa curiosità a dir poco fondamentale per il loro futuro. Sì, perché una certa parte di cultura dominante - e non da oggi – ha, come noto, fatto delle istanze del movimento arcobaleno una vera propria fissazione; al punto da considerare la familiarità col lessico Lgbt una priorità, mentre invece le vere priorità restano altre.
Come si può infatti negare, soprattutto in un panorama come quello odierno, l’urgenza di una missione educativa che dia alle giovani generazioni dei riferimenti certi, trasmettendo quell’insieme di valori fondamentali – la responsabilità, l’altruismo, il sacrificio – senza i quali si rischia di non maturare con il necessario equilibrio? Come si può sottovalutare la portata di un impegno di questo tipo che, se è grande a prescindere, lo diviene ancor di più in un contesto babelico quale, di fatto, è quello di questi anni?
Queste domande elementari, se non perfino retoriche, non vengono però adeguatamente considerate da un sistema culturale che, con insistite campagne «di sensibilizzazione» nelle scuole, film, serie tv, libri – e perfino riviste, come dimostra ora il caso di Internazionale Kids – pare dare per scontata una formazione valoriale di fondo, passando di conseguenza e veicolare a ragazze e ragazzi contenuti che, se non ideologici, certamente richiedono una esposizione equilibrata e non partigiana, approfondita e non a colpi di slogan (o di sigle).
Ne consegue, stando così le cose, come tutti coloro che, a vario titolo – in quanto genitori, insegnanti, educatori, formatori e giornalisti –, hanno la possibilità di trasmettere contenuti di altro tipo rispetto a quelli del pensiero che si vorrebbe unico sui temi etici, debbano sentirsi investiti del compito educativo con ancor maggiore impegno di prima. Questo perché, rielaborando una frase del presidente John Fitzgerald Kennedy, noi siamo liberi: possiamo benissimo pure non occuparci della cultura gender. Ma la cultura gender si occuperà di noi e, purtroppo, anche delle giovani generazioni.