25/07/2023 di Luca Marcolivio

Istituto Superiore di Sanità lancia corso di aggiornamento gender

A combattere le discriminazioni contro la «popolazione transgender» ci si è messo d’impegno anche l’Istituto Superiore di Sanità. Lo ha fatto con un corso di formazione a distanza indirizzato ai professionisti che operano in ambito socio-sanitario. La popolazione transgender: dalla salute al diritto è la denominazione del corso, a cura del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere, accessibile sulla piattaforma Eduiss fino al prossimo 29 settembre.

«Transgender è un termine “ombrello” con il quale si possono identificare quelle persone la cui identità e/o espressione di genere sono diverse da quanto tipicamente atteso sulla base del sesso assegnato alla nascita – si legge nella descrizione del corso –. Sebbene le principali istituzioni internazionali (per es. l’Organizzazione Mondiale della Sanità) abbiano da tempo inserito tra gli obiettivi prioritari nella lotta contro le disuguaglianze nell’assistenza sanitaria azioni efficaci a tutela della salute delle persone transgender, questa fascia di popolazione è oggetto di discriminazione e presenta significativi ostacoli nell’accesso ai servizi sanitari e nel loro utilizzo. Le persone transgender condividono molte delle esigenze sanitarie della popolazione generale, ma possono avere peculiari necessità specialistiche come quelle correlate al percorso medico di affermazione di genere. Tale percorso – conclude la descrizione – procede per fasi successive e coinvolge professionisti della salute di discipline diverse (es.: psicologi, endocrinologi, chirurghi) e può includere o meno la riattribuzione anagrafica».

L’Istituto Superiore di Sanità cerca di qualificare il proprio corso in termini il più possibile scientifici, definendolo «ispirato ai principali modelli della formazione andragogica (Problem Based Learning)» e prevedendo «un questionario di gradimento del corso e un questionario ECM di valutazione della qualità percepita, la cui compilazione, insieme al superamento del test di valutazione finale, consentirà il conseguimento dei crediti ECM». A ciò si aggiunge un nutrito staff di docenti ed «esperti che hanno preparato i contenuti»: tutti provenienti da università, dipartimenti, cliniche e istituti di ricerca di assoluto rilievo.

Se si guardano con attenzione il materiale didattico, le dispense e i vari sussidi del corso, vengono a galla – e in abbondanza – espressioni di dubbia solidità scientifica, quali «sesso assegnato alla nascita», «pansessuale», «identità di genere» o «non-binario». Significativo che vengano suggerite «buone pratiche per il trattamento ormonale nelle persone con incongruenza di genere», senza mai ricordare, in compenso, che – soprattutto quando queste riguardano i minori – una serie di vicende sanitarie e giudiziarie (una su tutte: quella della clinica Tavistock, nel Regno Unito) avvenute all’estero hanno portato a un ripensamento o, quantomeno, a una maggiore prudenza intorno a questo tipo di trattamenti.

Un progetto formativo che, in definitiva, svela e conferma tre dinamiche, ovvero: spesso, ciò che in Italia viene presentato come “progresso di civiltà”, all’estero è già stato messo in discussione, avendo prodotto effetti controversi; Istituzioni pubbliche a nomina governativa, finanziate con i soldi dei cittadini si rivelano fortemente ideologizzate e – si presume – colluse con le lobby; nei sussidi didattici dei corsi come quello promosso dall’Istituto Superiore di Sanità non c’è posto per approcci problematici e pluralistici, comprensivi di tutti i pro e i contro di determinate iniziative. È riportato solo ed esclusivamente un punto di vista: nello specifico, il punto di vista dell’ideologia gender.

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