19/04/2019

Izabella Jarvandi, l’anti-Greta che combatte per la famiglia

Se la giovane Greta Thunberg è balzata agli onori delle cronache, non solo per la sua lotta contro i cambiamenti climatici ma per la difesa dell’ambiente in generale che l’ha portata persino a indire uno sciopero il 15 marzo scorso, a cui hanno aderito studenti di tutto il mondo per chiedere ai governi politiche e azioni più incisive per contrastare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale, di Izabella Nilsson Jarvandi, invece, anche lei svedese, anche lei quindicenne, anche lei combattiva come Greta, non si parla quasi per niente.

La sua voce sembra infatti rimanere (volutamente?) inascoltata, forse per la personale battaglia “politicamente scorretta” portata avanti dalla quindicenne. Infatti più che inseguire facili successi sposando la causa ambientalista, non si sa se più “radical” o “chic”, ha preferito dedicare le sue energie a difesa dell’umano. Coraggiosamente si è più volte pronunciata contro le istanze del pensiero dominante, condannando l’immigrazione incontrollata, arrivando a solidarizzare con il presidente Orban, e ha invocato azioni politiche più attente alle esigenze della famiglia. Lo scorso 2 marzo, tramite twitter, ha denunciato la colonizzazione ideologica in chiave gender che ormai da tempo si sta verificando in tutte le scuole svedesi, in cui iniziano a circolare testi assurdi, come racconta la giovane attivista, i cui protagonisti sono «una ragazza con un pene», «un ragazzo con una vagina» o individui che sono al tempo stesso «un maschio e una femmina».

Insomma, una battaglia sacrosanta ma che, di questi tempi in cui predomina un certo ecologismo di cui ultimamente è divenuta simbolo Greta Thunberg, tutto proteso a colpevolizzare l’uomo considerato come il vero cancro del nostro pianeta, risulta una battaglia ardua e quasi impossibile perché difficilmente le si darà spazio e risonanza. Tant’è che se Greta con i suoi slogan è rilanciatissima da tutti i media, di Izabella, invece, volutamente non si occupa nessuno, nonostante i suoi richiami più che legittimi al vero disastro, quello antropologico e culturale, ormai in atto e per di più in fase avanzata.

Manuela Antonacci

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