Son giorni di autentica bufera, questi, per la «mamma» di Harry Potter. Sì, perché su Twitter la celebre scrittrice Joanne Rowling, britannica di 54 anni con alle spalle un patrimonio di miliardi di dollari, ha osato ricordare una verità imperdonabile, in tempi di politicamente corretto: l’esistenza di due sessi, quello maschile e quello femminile. Un’ovvietà, evidentemente.
Certo, ma un’ovvietà che oggi, anzi per la verità ormai da qualche anno, può costare l’odio degli attivisti Lgbt i quali - a dispetto del «love is love» di obamiana memoria - quanto alla capacità di scatenare polemiche non sono secondi a nessuno. Ma torniamo alla creatrice del celebre maghetto.
La gravi colpe delle Rowling sono quelle, nell’ambito appunto di un dibattito apertosi su Twitter, di essersene uscita con osservazioni che per il mondo arcobaleno suonano eretiche perché, come si diceva, centrate sull’esistenza non del genere ma del sesso; più precisamente, di due sessi, che dividono l’umanità in uomini e donne.
«Se il sesso non è reale», ha difatti osservato la Rowling, «non può esserci attrazione per lo stesso sesso. Se il sesso non è reale, la realtà vissuta delle donne a livello globale viene cancellata. Conosco e amo le persone trans, ma cancellare il concetto di sesso rimuove la capacità di molti di discutere in modo significativo delle loro vite. Non è odio dire la verità». Considerazioni di pur buon senso? Ma certo.
Eppure, come si diceva all’inizio, la «mamma» di Harry Potter è ora nella bufera, con larga parte della corazzata dei media che rilancia le accuse di «transfobia» agitate contro di lei dagli attivisti Lgbt. Attivisti Lgbt che ultimamente hanno mostrato di aver così a cuore il tema del genere da far prevalere sul sesso da essere giunti anche ad attaccarsi tra loro. Lo prova la surreale petizione promossa, in Italia, da Arcigay volta a far espellere Arcilesbica – rea appunto di ricordare e difendere il concetto di differenza sessuale – dalla federazione Arci.
Arcilesbica però non sembra intenzionata ad arretrare di un centimetro esattamente come per tornare a noi, la Rowling, la quale non si è accontentata del tweet incriminato tornando, sia pure con toni pacati, a rilanciare il suo pensiero. «Rispetto il diritto di ogni persona trans di vivere in un modo che sia autentico e confortevole», ha infatti rilanciato la scrittrice, «marcerei affianco a voi se foste discriminati sulla base dell’essere trans. Allo stesso tempo, la mia vita è stata plasmata dall'essere femmina. Non credo sia odioso dirlo».
Come c’era da aspettarsi, neppure così riformulato il punto di vista della creatrice di Harry Potter è stato ritenuto digeribile dai suoi critici. Il che, dopotutto, era abbastanza prevedibile. Non perché la Rowling sia «transfobica», figuriamoci. Il punto vero è che nell’imposizione del concetto di genere su quello di sesso si gioca la tenuta – o il crollo - dell’intera teoria del gender. Questa teoria, che taluni si ostinano a definire «inesistente», si basa infatti su un nucleo preciso, che è tanto il fatto che ciascuno possa «essere ciò che sente» a prescindere dal proprio sesso biologico, quanto piuttosto l’irrilevanza, a priori, di una natura maschile e femminile, irrilevanza che funge quasi da presupposto generale per gli studi di genere, dove viene brutalmente confinata nel versante genetico-anatomico.
Ecco che allora chiunque rammenti l’esistenza del sesso femminile - che si tratti di Arcilesbica o di una scrittrice ricca e famosa come Joanne Rowling, fa poca differenza – va subito attaccato e tacciato «transfobia», accusa che anche in Italia, se malauguratamente passasse il ddl Zan, rischia di diventare qualcosa di penalmente rilevante. Tempi bui insomma, in Italia come all’estero, per la libertà di espressione e per l’affermazione dell’ovvio: siamo maschi e femmine.