La World Medical Association (Wma), raduna 109 associazioni mediche e conta 10 milioni di membri: si è schierata apertamente a favore della vita, contro l’eutanasia.
Spiega l’Avvenire che la Wma è nata nel 1947 per rivendicare l’indipendenza degli scienziati e in particolare dei medici dal potere politico statale e – vorremmo sperare – dalle leggi ingiuste. nei giorni scorsi, in occasione della sua 53ª assemblea a Washington, ha emanato un documento finale in cui dice che «ha notato che la pratica dell’eutanasia attiva con l’assistenza medica è stata adottata nella legge di alcuni Paesi». Per questo «riafferma la sua forte convinzione che l’eutanasia è in conflitto con i principi etici basilari della pratica medica» e «incoraggia con forza tutte le associazioni mediche nazionali e i medici ad astenersi dal prendere parte all’eutanasia, anche se la legge nazionale lo consente o depenalizza questa condotta a certe condizioni».
Conclude Avvenire: «Nel congresso del 2013 a Divonne-les-Bains, in Francia, la Wma aveva dichiarato l’eutanasia «non etica» in quanto «atto che pone fine deliberatamente alla vita di un paziente, anche se a chiederlo è il paziente stesso o i suoi congiunti», precisando poi che «questo non dispensa il medico dal rispettare il desiderio del paziente di consentire che il naturale processo della morte faccia il suo corso nella fase terminale della malattia».
Quindi no all’accanimento terapeutico, ma no all’abbreviazione della vita, neanche attraverso la sospensione di cibo e idratazione.
E meno male: che i medici siano custodi della vita l’avevamo sempre saputo, anche se qualcuno da ultimo ha cercato di confondere la loro professione con quella del boia.
Redazione
Fonte: Avvenire
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