01/10/2024 di Fabio Piemonte

La CEDU contro la Polonia sulle unioni civili, ma è un’ingerenza alla sua Costituzione

La Corte europea dei diritti dell'uomo (la CEDU) ha stabilito a fine settembre che la mancanza di riconoscimento giuridico delle unioni tra persone dello stesso sesso in Polonia viola i diritti umani di tali coppie. Nello specifico il caso è nato dopo la denuncia di quattro donne polacche, due coppie, una delle quali sposata nel Regno Unito e l’altra in Danimarca. Le donne, infatti, hanno intentato causa allo stato polacco dopo che si sono viste respinte le richieste di registrare i matrimoni in Patria, con la motivazione che ciò sarebbe stata una violazione della stessa costituzione polacca. La Carta fondamentale del Paese, infatti, recita che il matrimonio è «un'unione tra un uomo e una donna».

Dopo aver perso tutte le battaglie legali in Polonia, le donne si sono rivolte alla CEDU, che - lo ricordiamo - ha sede a Strasburgo ma non è un organismo dell’Unione Europea, ma è la corte europea composta da 46 membri che si occupa di casi di violazioni di diritti umani. Ebbene, la CEDU ha smentito, con una vera e propria ingerenza giuridica, quanto stabilito dalla Polonia, affermando che gli stati «sono tenuti a fornire un quadro giuridico che consenta alle coppie dello stesso sesso di ottenere un adeguato riconoscimento e protezione della loro relazione». Non riconoscendo ufficialmente le relazioni delle coppie, lo stato polacco le ha, secondo la Corte, «lasciate in un vuoto giuridico e non ha provveduto alle esigenze fondamentali delle coppie dello stesso sesso in una relazione stabile e impegnata». Ciò, ha affermato la Corte, «equivale a una violazione del diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita privata e familiare» ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Si crea dunque un “conflitto” giuridico e, in particolare, di attuazione giuridica. Da una parte, infatti, l’articolo 46 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo richiede l'attuazione di qualsiasi sentenza della Corte; dall'altro, però, l'articolo 18 della Costituzione polacca richiede la protezione della natura privilegiata del matrimonio come unione tra un uomo e una donna. In definitiva, dunque, si può dire che sarebbe incoerente e incostituzionale - proprio secondo quanto stabilito dall’art. 18 - istituzionalizzare la convivenza tra persone dello stesso sesso istituendo tali "matrimoni" o unioni con diritti simili al matrimonio. Sul tema è stato chiamato in causa - da parte del portale informativo European Conservative, l’Istituto Ordo Iuris che ha chiarito come ci sia una vera e propria forzatura da parte della CEDU. Secondo la sentenza di cui stiamo parlando, infatti, bisognerebbe cambiare e stravolgere il significato del concetto di famiglia e di vita familiare utilizzato originariamente nella Convenzione che, appunto, basava il tutto su una relazione stabile tra un uomo e una donna e, in genere, i loro figli. Inoltre, come già detto, tutto ciò va contro la Costituzione polacca e farla cambiare - da parte della CEDU - sarebbe una gravissima invasione dei confini giuridici e costituzionali di un Paese sovrano.

Non ci resta dunque che sperare che la Polonia resti ferma nella strenua difesa non solo della famiglia, ma della sua stessa Costituzione. Una speranza, però, che ad oggi non è poi così scontata poiché mentre il precedente governo polacco - guidato dal partito conservatore Diritto e Giustizia (PiS) - era fermo nel proteggere il testo della Costituzione del Paese e si batteva costantemente contro la promozione delle ideologie LGBT, l'attuale governo, guidato da Donald Tusk, ha già ipotizzato di voler legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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