05/08/2024 di Toni Brandi

La “contro-famiglia queer” di Michela Murgia: i giovani meritano esempi e testimoni migliori

Nel corso del recente Giffoni Film Festival – che si è svolto dal 19 al 28 luglio - il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha voluto condividere col pubblico di giovani alcune riflessioni sulla cui opportunità siamo rimasti perplessi.

Ci ha colpito, in particolare, il momento in cui il Cardinal Zuppi ha “confessato” ai ragazzi e alle ragazze presenti di aver ‘imparato’ il concetto di «queer», tanto caro al movimento Lgbtqai+ per scardinare la dualità maschile-femminile, dalla compianta scrittrice Michela Murgia. In effetti, Michela Murgia ha dedicato gli ultimi sforzi della sua vita a promuovere con insistenza ed eccezionale diffusione mediatica la teoria della cosiddetta «famiglia queer»: non, genericamente, una comunione affettiva tra più persone di tipo amicale o solidaristico, ma una vera e propria «contro-famiglia naturale» fondata sull’assoluta indifferenza della complementarità sessuale e di qualsiasi legame generativo tra i suoi membri.

In virtù di tale teoria, la stessa Murgia chiedeva con forza la legittimazione dell’aberrante pratica dell’utero in affitto - perché, in fin dei conti, «basta volersi bene» - tanto da attirare la critica di Avvenire.it, il portale online del quotidiano della CEI, con un articolo di Lucia Bellaspiga pubblicato il 9 febbraio scorso, dal titolo: “Michela Murgia e la gestazione per altri: una difesa accorata che non convince”. L’autrice sarda, poco prima di morire, si è sposata «controvoglia» e maledicendo - anche il giorno stesso delle nozze - la necessità di sposarsi per ricevere dallo Stato e dalla società un riconoscimento formale dell’unione col compagno coi relativi diritti. In occasione di quello che lei stessa definì un «matrimonio forzato» e uno «strumento patriarcale e limitato», tutta la «famiglia queer» indossò una collezione di abiti «no-gender» appositamente creata dalla maison Dior, per sottolineare esplicitamente l’indifferenza sessuale dei nubendi e di tutti i membri della ‘famiglia’ elettiva.

Alla luce della reale consistenza ideologica della famiglia "queer" di Michela Murgia, ci chiediamo se il “tributo alla memoria” espresso dal Cardinale Zuppi per mettere in risalto l’importanza del legame affettivo al di là di quello giuridico, non poteva e forse doveva essere accompagnato da una qualche nota critica, per lasciare ai presenti, almeno, il seme di un dubbio sulla sua reale corrispondenza ai bisogni, alla natura e alla vocazione dell’uomo e della donna.

La generazione di partecipanti al Giffoni Film Festival, infatti, è nata e vive in una società che già guarda di suo al matrimonio come una forma di ormai inutile orpello burocratico, senza più riconoscerne, non certo per colpa sua ma per tanti ‘cattivi maestri’, la vera essenza, natura e vocazione. Questa generazione - proprio questa - aveva davvero bisogno di ricevere una ennesima relativizzazione del già tanto disprezzato legame giuridico implicato dal matrimonio, a favore dell’ormai totalizzante criterio affettivo per il quale, in fin dei conti, «basta volersi bene»?

Diciamolo chiaramente: non è vero che «basta volersi bene». Di certo, non in un’epoca in cui non vi è più la certezza di cosa sia il «Bene» e di cosa significhi, dunque, «volere il bene», proprio e dell’altro. Nell’ideale «queer» di Michela Murgia, d’altro canto, anche l’utero in affitto è una forma di «voler bene», al pari dell’aborto («bene per se stessi»), dell’eutanasia e di tutte le altre forme di negazione della dignità umana vittime di una revisione corrotta del vero Amore.

Nelle ormai sempre più rare occasioni in cui ci è dato di relazionarci personalmente e ‘cuore a cuore’ con una generazione preda delle più violente e aggressive “colonizzazioni ideologiche”, per citare la forte espressione di Papa Francesco, dovremmo evitare anche solo di rischiare di rendere tributi a prospettive ideologiche anti-cristiane e anti-umane della persona e della famiglia da cui, peraltro, i nostri figli e le nostre figlie vengono già, quotidianamente, bombardati a scuola e sui media

Ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze occorre offrire di meglio: occorre offrire “il Meglio”. Dobbiamo farlo per il loro Bene, quello Vero. Caritas in Veritate.

 

 

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