È una vicenda che si fatica persino a commentare, tanto è da un lato ingarbugliata e, dall’altro, eticamente spiazzante, quasi ai limiti della fantascienza. Stiamo parlando di quanto stabilito dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che, nelle scorse ore, ha assunto una decisione che lascia senza parole: quella di consentire ad una donna l’impianto di un embrione «creato» con l’ex marito, nonostante costui sia contrario. In pratica, per la prima volta in Italia si è assolutizzato il «diritto» del singolo al diventare genitore: anche in opposizione al partner.
Naturalmente qualche bravo giurista che dica che tutto questo è giusto si trova facilmente, anche fuori dalla regione Campania. Non è difficile neppure ascoltare argomentazioni anche toccanti da parte di qualche bioeticista pronto a spiegare che una volta che una vita è stata «creata» in laboratorio sarebbe crudele lasciarla lì per l’eternità. In effetti, ciò che questa vicenda insegna è che il problema sta a monte. Dobbiamo cioè sforzarci di andare oltre questo bizzarro caso particolare per inquadrarlo in un’ottica più grande, da cui esso discende: quello della manipolazione della vita.
Il cuore della pur intricata questione, in effetti, è molto semplice: quando si inizia a non vedere più un figlio come un dono, ma come qualcosa da programmare e ottenere con tecniche di fecondazione extracorporea, ecco che allora il piano si inclina. Con un esito noto e incerto al tempo stesso, nel senso che si sa dove si parte ma non si sa più dove si andrà poi a finire. Così, quello che, in principio, viene contrabbandato come «lotta» o «contrasto» alla «sterilità» in breve tempo si tramuta prima in «diritto» alla genitorialità e, poi, in vera e propria pretesa; con esiti anche grotteschi, come quello cui conduce l’ordinanza del Santa Maria Capua Vetere, che altro non fa che infliggere un colpo letale ad un terreno etico già profondamente scosso.
Per arrestare una simile degenerazione dell’ordine naturale, serve dunque tornare a dove tutto è iniziato, ormai tempo addietro: il mancato riconoscimento della dignità umana del figlio. Che non solo dal concepimento è vita – questo qualsiasi biologo lo capisce e lo può confermare -, ma è persona. Significa cioè che come tale, come soggetto, e non come oggetto deve essere trattato. Se viceversa questo non avviene, dopo fermare crioconservazioni, impianti tardivi o non condivisi e diavolerie di questo genere non è solo difficile: è proprio impossibile. Viceversa, tutto torna possibile se si recuperano valori oggi considerati superati come l’unità familiare e, appunto, la dignità umana dal concepimento.
Chiaramente, tutto ciò richiede uno sforzo notevole. Coraggio, anche. Se oggi vai a ricordare a qualcuno – persino a qualche credente – che la fecondazione extracorporea è un male (cosa che la Chiesa, vox clamantis in deserto, non ha mai smesso di insegnare) passi infatti subito come l’uomo dal cuore di pietra, colui che vorrebbe negare ad una donna e ad un uomo la gioia di diventare genitori. Guai. Eppure è proprio dal riconoscimento della non accettabilità della provetta – e quindi dal riconoscimento della dignità dell’embrione – che il ragionamento etico cede o regge.
Purtroppo, da tempo la cultura dominante ha scelto di farlo cedere, e i risultati sono questi. Non aspettiamoci quindi che quelle da Santa Maria Capua Vetere siano le ultime. Ne vedremo, purtroppo, ancora delle belle. E, c’è da tempere, tra non molto, dato che una volta imboccata la via del burrone la voragine, pardon la strada è già tracciata.